Dic 12

Indipendentisti per Soru: poche opportunità, tanto opportunismo (di Vito Biolchini).

“Ho sempre avuto un grande rispetto per chi fa politica e che, a costo di grandi sacrifici e tormenti esistenziali, si mette in gioco e si candida alle elezioni.

La mia stima cresce se poi chi ci mette la faccia milita in una formazione piccola, che ha poche o nulle possibilità di vittoria. In questo caso, apprezzo soprattutto le motivazioni, la linearità del percorso, la capacità di non mollare. La tenacia. La coerenza.

La vita del militante che perde sempre è dura e capisco che a un certo punto la tentazione di cercare una scorciatoia sia forte. Gli indipendentisti sardi perdono sempre e infatti è da anni che cercano una scorciatoia. Stavolta (forse, più di altre volte) ne hanno trovata una clamorosa, ma temo siano finiti in una trappola. Chiamata Renato Soru.

Dei nostri indipendentisti sappiamo tutto. Le loro idee non sono mai state censurate. Le mie cartelline da vecchio giornalista sono piene di interviste concesse negli ultimi vent’anni ai loro principali leader. Eppure, a differenza di altri partiti che in questi anni hanno conosciuto discreti o clamorosi exploit partendo anche da percentuali risibili, gli indipendentisti sardi non sono mai riusciti a sfondare: perché?

Dieci anni fa, alle elezioni regionali del 2014, avevano trovato in Michela Murgia una leader. In quella campagna elettorale, in cui non difettò certo la visibilità, le tre liste a sostegno della scrittrice non superarono il dieci per cento e per effetto della legge elettorale (ben nota quando si decise di scendere in campo) non elessero nessuno. Con una sola lista sì, ce l’avrebbero fatta. Ma qualcuno sbagliò i calcoli e quella ubriacatura (“Prenderemo almeno il trenta per cento”, dicevano) fu pagata a caro prezzo.

Il post elezioni fu drammatico perché di quella esperienza non rimase nulla. La sconfitta fu devastante e Michela Murgia abbandonò la politica attiva.

Tuttavia, da quelle macerie il campo indipendentista provò a riorganizzarsi e si riunì intorno al progetto di Autodeterminatzione. Un progetto ancora più ambizioso perché puntava nientemeno che ad eleggere un parlamentare a Roma. Protagonista indiscusso fu il giornalista Anthony Muroni, nominato alfiere di quell’avventura benché non avesse mai militato nei partiti indipendentisti. Alle politiche del 2018, quelle del trionfo dei Cinquestelle, nonostante le roboanti affermazioni del suo leader, Autodeterminatzione raccolse risultati infimi (2,2 per cento alla Camera e 2,5 al Senato) e, come era facile prevedere, non portò a Roma nessuno.
La strategia di presentarsi alle politiche fu così fallimentare che alle regionali del 2019 il candidato di Autodeterminatzione Andrea Murgia andò ancora peggio, raccogliendo appena l’1,8 per cento dei voti dei sardi.

Negli ultimi cinque anni cosa hanno fatto gli indipendentisti? Praticamente, nulla. Deboli come non mai, sono entrati in una crisi evidente. Incapaci di esprimere una rinnovata classe dirigente, solo in pochissimi casi sono riusciti a presentare liste alle elezioni amministrative, che eppure dovrebbero essere il primo gradino di ogni percorso politico, tanto più se legato ai temi del territorio. Non vorrei sbagliarmi, ma credo che oggi in Sardegna i sindaci indipendentisti si possano contare sulle dita di una mano. Perché i nostri indipendentisti, a differenza di quelli catalani o corsi, cui si richiamano sempre (ma solo a parole) non amano i consigli comunali, no: loro vogliono finire direttamente a Roma o in Consiglio regionale.

E veniamo ai nostri giorni.

La prima mossa a sorpresa l’ha fatta Liberu, il partito più settario di tutti che, dopo aver tuonato per anni contro i partiti indipendentisti che si alleavano con il centrodestra o il centrosinistra, come se niente fosse si è seduto al tavolo… direttamente col Pd!

Ora, ho già i capelli bianchi e capisco che esistono cambi di rotta nella vita di ciascuno di noi, figuriamoci se questo non vale per le formazioni politiche: che però hanno un obbligo: spiegare pubblicamente i loro percorsi. E invece no: Liberu non ha spiegato nulla. E come Lberu, gli altri partiti (Progres e Irs), che hanno scelto di seguire Soru nella sua avventura, stanno facendo finta di nulla. Come se nessuno di noi si accorgesse della contraddizione in cui si trovano.

L’unico che ha fatto notare la situazione è stato il vecchio leader di Sardigna Natzione Bustianu Cumpostu che qualche giorno fa (con una dichiarazione che non è stata ripresa da nessuno) ha detto pubblicamente: “Io con Soru non ci vado”. Eppure a luglio era stato proprio lui a chiedere all’ex presidente della Regione di riunire il fronte indipendentista. Ma nella “Coalizione sarda” di Soru sono presenti partiti italiani e quindi, coerentemente con le sue posizioni note da anni, Cumpostu si è tirato indietro.

Ripeto: si può cambiare idea? Sì: ma bisogna spiegare perché lo si fa.

Ho grande stima del sindaco di Villanovaforru Maurizio Onnis (e lui lo sa bene). Il suo post su Facebook del 3 ottobre me lo ricordo perfettamente anche perché aveva svelato come già nell’estate del 2022 Renato Soru avesse deciso di candidarsi alle regionali del 2024 (e solo questa notizia da sola dovrebbe bastare a far capire quanto pretestuosa sia la questione delle primarie negate). E nello stesso post Onnis aggiungeva:

Non c’è dubbio che lui da solo abbia più intelligenza, idee e visione di tutti i pretendenti al tavolo del centro-sinistra. Ma è pure indubbio che si porta dietro un’indigeribile concezione padronale della politica. E che la sua corsa, persino fuori dal “campo largo”, avrebbe a che fare molto più con le faide interne a quello schieramento che con il mondo dell’autodeterminazione. Detto sinceramente e con rispetto: non abbiamo bisogno di questo tipo di autocandidature.

Appena due mesi dopo (cioè cinque giorni fa) Onnis sempre su Facebook ha annunciato di volersi candidare a sostegno di… Renato Soru. Aggiungendo: “Dopo ciò che ho fatto, detto e scritto negli ultimi anni non posso proprio rifiutare la responsabilità di competere”. Nessuna spiegazione invece sul fatto che “l’indigeribile concezione padronale”, è diventata improvvisamente digeribile. Perché?

Un cenno lo meritano anche Progres e Irs, la formazione del redivivo Gavino Sale (che ricordiamo ancora al Porto Canale rischiare l’arresto durante la rivolta dei rifiuti fatti arrivare dalla Campania dal presidente Soru). Prima hanno tentato di costituire l’autoproclamato “Secondo polo” (a proposito di manie di grandezza…); poi hanno irriso la scelta di Liberu; poi si sono accodati a Liberu, salendo su carro di Soru. Anch’essi senza dare alcuna spiegazione.

Ciò che colpisce è la mancanza di onestà intellettuale. Della lunga e multiforme esperienza di Soru ora il campo indipendentista esalta solo alcuni aspetti mentre molti altri (i più imbarazzanti: dal suo atteggiamento nei confronti di Sardegna Possibile alle pulsioni renziane, dalle disavventure giudiziarie al conflitto di interessi, fino ai più recenti sproloqui sull’autonomia speciale e sul Piano di Rinascita) vengono negati se non taciuti. Ma questa si chiama propaganda.

Cos’altro si può aggiungere?

Gli indipendentisti sardi in questi ultimi cinque anni non hanno seminato nulla ma ora comunque provano a raccogliere qualcosa. Come? Non certo sfruttando una opportunità favorevole, giacché Soru non ha alcuna intenzione di costituire una esperienza politica nuova, ma solo far perdere il centrosinistra, e il segno inequivocabile di questo progetto è dato dalla fragilità delle sue liste, a dir poco raccogliticce. Ecco perché loro stessi sanno che la cosa importante è provare a entrare in qualche modo consiglio regionale e poi ognuno per la sua strada.

Ma ci sono realmente le condizioni perché queste tre sigle indipendentiste (Liberu, Irs, e Progres) a cui va aggiunta Sardegna Chiama Sardegna, possano piazzare un consigliere? Sarei veramente stupito se le due liste che si apprestano a nascere raggiungessero assieme il cinque per cento. Ma poi, Progetto Sardegna (che torna dopo quasi vent’anni e che nel suo apogeo toccò il sette per cento), Progressisti (che esistono solo a Cagliari) Upc e + Europa (che chissà se riusciranno a fare le liste) quanto volete che prendano? La verità è che stando così le cose, la coalizione di Soru rischia di non superare il dieci per cento e può allargarsi solo inglobando forze centriste o di centrodestra.

Ecco, cosa farebbero i nostri indipendentisti se Soru dovesse imbarcare i renziani di Italia Viva o i Riformatori, pronti a lasciare il centrodestra nel caso in cui venisse ricandidato Christian Solinas? O pensano forse gli indipendentisti che Soru non cambierebbe (come nella vecchia pubblicità dei fustini) il loro zero virgola con il quattro/cinque per cento dei Riformatori?

Per l’ennesima volta gli indipendentisti sardi si rifiutano di attraversare il deserto e fare i conti con sè stessi, preferendo cercare una soluzione esterna al loro percorso e accodandosi all’ennesimo pifferaio magico che tutto può promettere, sapendo bene che non sarà costretto a mantenere niente.

Andare con Soru alla fine offre poche reali opportunità ma è solo una straordinaria dimostrazione di opportunismo, che è, come spiega la Treccani, quel “comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento”.

In bocca al lupo ai nostri indipendentisti, capaci di dire tutto e il contrario di tutto senza mai pagare pegno alla logica, alla coerenza e, abbiate pazienza, anche alla decenza. E peraltro, senza avere ancora capito che tutti quelli che hanno creduto di essere più furbi di Soru hanno sempre fatto una brutta fine”. (Vito Biolchini, da vitobiolchini.it).

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