Dic 04

“DdL 108 di Solinas, una minestra riscaldata per cementificare dovunque” (di Giuseppe Biggio).

In periodi di crisi economica si sa che bisogna risparmiare e laddove possibile è virtuoso riciclare materiali e manufatti. Solitamente in tali periodi si cerca di reagire dando libero sfogo a creatività e nuove idee.

Ma tutto ciò non vale per il legislatore regionale sardo che ciclicamente ripropone le sesse idee con disegni di legge come il recente DdL 108, che altro non è che la riproposizione dei precedenti DdL 55 e 59, già discussi circa un anno fa.

Si ripropongono le stesse argomentazioni sugli incrementi volumetrici indiscriminati in centro urbano, nelle zone artigianali e commerciali; nelle zone agricole volumi residenziali non legati alla conduzione del fondo e frutto di accorpamenti di terreni ricadenti anche in comuni diversi.

Si ritorna ad invocare l’edificazione nella fascia dei 300 metri dalla battigia con ampliamenti per strutture alberghiere, non per migliorarne i servizi, ma per incrementare il numero di camere, come se nelle più recenti stagioni estive si fosse registrato ovunque il tutto esaurito.

Al contrario, i dati ufficiali dimostrano che anche durante il picco di agosto la maggior parte degli alberghi non riesce a coprire il 75% dei posti letto disponibili.

Si dà la possibilità di utilizzare volumi altrui anche in altre lottizzazioni ed infine si dà la possibilità di concentrare i servizi nelle aree a rischio idrogeologico. Insomma troviamo in questo disegno di legge un vero e proprio caleidoscopio di bizzarrie urbanistiche che negano i principi fondamentali della pianificazione, del riordino territoriale e della razionalizzazione delle risorse naturali e antropiche. Una riproposizione di concetti palesemente incostituzionali e contrari a tutte le vigenti leggi di settore.

Da anni in tutta Italia ci si auspica una semplificazione delle procedure burocratiche e il campo delle trasformazioni territoriali rappresenta in tal senso uno dei più pericolosi campi minati.

Ebbene il DdL 108 istituisce la “cessione dei crediti volumetrici” tra proprietari diversi, tra edifici diversi e tra diverse lottizzazioni, realizzando così uno dei più alti livelli di bizantinismo moderno.

Immagino a questo punto le difficoltà organizzative che dovranno affrontare gli uffici tecnici comunali per tenere sempre aggiornata la situazione e non incorrere in pericolose – e penalmente rilevanti – regalie di volumi. Allo stesso modo mi prefiguro il comportamento dei pubblici funzionari istruttori che si devono destreggiare tra una norma permissiva di natura urbanistica ed una più restrittiva di natura paesaggistica da applicare allo stesso progetto.

Ovviamente costoro diventeranno il parafulmine degli strali che l’ignaro cittadino non mancherà di lanciare alla ”burocrazia”. Ma come dice il detto popolare: il pesce inizia a puzzare sempre dalla testa.

Che riflessioni fare su cosa rappresenti la zona agricola nell’uso del territorio? Leggere come viene tradotta in questo DdL aiuta a capire il disprezzo di questo legislatore verso la terra. Che cosa significano altrimenti terreni disponibili a basso costo per la più ottusa speculazione edilizia? In realtà essenziali per le produzioni primarie per il sostentamento delle comunità.

Peraltro si tratta di un bene sempre più raro perché in progressivo consumo. Oggi registriamo ovunque un lento ma costante ritorno di molti giovani alla campagna e ciò dovrebbe essere una buona ragione per preservarla. Spesso frutto di scelte di vita successive ad esperienze metropolitane anche molto prestigiose.

Sicuramente questo trend è destinato a crescere dopo l’esperienza mondiale della pandemia, in quanto molti saranno i cambiamenti nelle nostre abitudini anche dopo aver sconfitto il virus; basti pensare alla prossima diffusione del lavoro a distanza e la conseguente ricerca di ambienti di vita più a misura d’uomo.

Che dire poi sulla illuminata intuizione di travasare i servizi nelle aree a rischio idrogeologico. O della estrosa trovata di trasferire i crediti volumetrici da un proprietario all’altro e da una parte all’altra del territorio.

In questo si palesa come il legislatore concepisca l’urbanistica come un mercato di scambi di privilegi e non come il luogo dove le comunità cercano di organizzarsi per raggiungere una migliore qualità della vita. (Giuseppe Biggio, ex direttore del servizio pianificazione urbanistica e paesaggistica della Regione, www.sardegnasoprattutto.com).

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