Ott 23

Omicidio Manuel Careddu: arrestato un altro ragazzo.

Nelle indagini per la morte del 18enne Manuel Careddu, il famoso sesto uomo di cui si vociferava ha ora un nome e cognome: si tratta di Nicola Caboni, 19 anni, di Ghilarza.

A dire il vero di Caboni, a Ghilarza, si parlava da tempo (così come si vocifera che anche altri giovani sapessero di quanto accduto), ma adesso è arrivata la conferma ufficiale. Il ragazzo è stato arrestato dopo un lungo interrogatorio nella caserma dei Carabinieri e poi accompagnato al carcere di Massama. L’accusa non è di omicidio ma di occultamento di cadavere. Nicola Caboni avrebbe, infatti, aiutato gli altri ragazzi a nascondere nelle campagne di Ghilarza il corpo di Manuel Careddu.

Il fermo di Nicola Caboni, è maturato in questi ultimi giorni, durante il lavoro minuzioso dei Carabinieri della Compagnia di Oristano per stabilire la posizione degli indagati, attribuendo ad ognuno dei cinque giovani finiti in carcere un ruolo preciso nel brutale assassinio. Un’attività investigativa che non ha tralasciato il coinvolgimento di presunti complici, emerso dalle intercettazioni che hanno inchiodato la banda.

Ed è questo il caso di Caboni. Identificato dagli uomini del tenente colonnello David Egidi, il giovane è stato messo alle strette sino al fermo di questo sera con l’accusa di soppressione di cadavere.

Nicola Caboni, poco dopo le 12,30 del 12 settembre, ovvero la mattina dopo l’omicidio, si trovava a bordo della Fiat Punto di Christian Fodde, uno dei presunti assassini del giovane di Macomer. Secondo la Procura di Oristano sarebbe sua la voce intercettata dalla microspia piazzata sull’auto di Fodde (presunto autore materiale del delitto) mentre si dirigevano nel terreno dove, presumibilmente, venne poi sepolto il corpo di Manuel.

“Io non ho ancora realizzato eh…”, dice Caboni a Fodde, ricevendo come riposta dall’amico: “Io circa non… cioè non lo so… non è un gioco… quello di ammazzare va bene… è il dopo”. A bordo dell’utilitaria i due avrebbero parlato di quanto accaduto la notte precedente. “Il reato è quello lì, non è che… non è che lo faccio (incomprensibile) in macchina”, prosegue l’intercettazione addebitata a Fodde, mentre Caboni risponde: “Adesso quelli sì sì, molto probabile che ti fottano…”.

Fin qui le intercettazioni relative al Caboni, che davanti al procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso, è rimasto in silenzio avvalendosi della facoltà di non rispondere. Adesso i suoi legali attendono l’udienza di convalida del fermo.

Intanto, a Macomer, il giorno dei funerali si terrà una fiaccolata e ci sarà il lutto cittadino. Lo ha deciso l’amministrazione comunale per dare un segnale concreto di vicinanza e affetto alla famiglia di Manuel Careddu, il 18enne barbaramente ucciso l’11 settembre scorso da una banda di cinque giovani, due dei quali minorenni, tutti in carcere con l’accusa di omicidio premeditato e occultamento di cadavere.

La fiaccolata è fissata per venerdì 26 ottobre, alle 18. Per la data dei funerali, invece, bisogna attendere l’esito della comparazione del Dna per avere la conferma che il corpo recuperato in una fossa nelle campagne di Ghilarza sia proprio quello di Manuel Careddu. Alla manifestazione pubblica indetta dal comune di Macomer parteciperanno anche i sindaci di Ghilarza e di Abbasanta, Alessandro Defrassu e Stefano Sanna (comuni nei quali sono residenti alcuni degli arrestati).

La fiaccolata partirà, alle 18, dalla piazza del municipio, attraverserà tutta Macomer e si concluderà all’auditorium del liceo Galilei. Qui è previsto un incontro dal titolo evocativo: “Perché non accada mai più”. Ci saranno, fra gli altri, padre Salvatore Morittu, responsabile della Comunità S’Aspru; i parroci di Macomer e Ghilarza, Andrea Rossi e Paolo Contini; la dirigente del liceo Gavina Cappai; la direttrice dell’Ufficio di esecuzione penale esterna di Nuoro, Giuseppina Boeddu; la dirigente dell’area di sviluppo e servizi alla persone del comune di Sorgono Maria Cristina Sedda; e la psicologa Giulia Masia.

“Non c’è alcuna volontà di dismettere, né l’ospedale di Ghilarza, né gli altri piccoli ospedali della Sardegna. Semmai è vero il contrario. Di comune accordo con il consiglio regionale, la giunta si oppone a quanto stabilito dal Decreto ministeriale n. 70/2015”. Lo ha detto, questa mattina, l’assessore della Sanità, Luigi Arru, nel corso di un incontro in consiglio regionale con il Comitato di cittadini, al quale hanno preso parte il presidente del consiglio Gianfranco Ganau, i capigruppo, i consiglieri regionali dell’Oristanese e il sindaco di Ghilarza Alessandro Marco Defrassu. “Stiamo cercando di tutelare ciò che il Ministero della Salute ci contesta – ha spiegato Arru –, e cioè la presenza di un piccolo ospedale a poca distanza da Nuoro e Oristano. Ci sono alcune criticità, è vero, ma stiamo lavorando per superarle, a cominciare dallo scorrimento delle graduatorie per far fronte alle carenze delle piante organiche. Guardiamo sia alla tutela dei cittadini, sia alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Non può essere vissuto tutto come un complotto contro una specifica comunità, e non è vero che si guardi soltanto alle realtà più grandi, perché l’Areus ha sede a Nuoro, ed è un modello di gestione molto importante dell’emergenza-urgenza. Girando per i territori ho avuto la sensazione che si tenda sempre a enfatizzare i fattori negativi, dimenticando ciò che di positivo è stato fatto e si sta facendo. Una riforma così importante, com’è quella della sanità, comporta ovviamente resistenze e reazioni. Però bisogna fare valutazioni serene sulla base dei dati reali – ha detto ancora Arru -. A Ghilarza, per esempio, penserei ad un accentramento delle competenze sulle malattie legate all’invecchiamento, come la demenza senile, anche in considerazione dell’età media piuttosto elevata della popolazione di quel territorio. Purtroppo abbiamo una visione della sanità che non possiamo più permetterci: occorre modificare l’approccio, anche alla luce delle novità sotto il profilo medico-scientifico. In alcuni casi, per esempio, non è più necessario ricorrere a lunghe degenze ospedaliere come accadeva in passato, e di questo dobbiamo tenere conto quando facciamo certe valutazioni”.

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