Mag 15

Bosa: acqua poca, memoria corta e tanta birra (di Paolo Maninchedda).

“Ieri L’Unione Sarda ha pubblicato un servizio sulle acque basse e sempre meno navigabili del Temo, il fiume di Bosa; causa ufficiale: il mancato dragaggio.

Era il lontano 2017, più esattamente il 13 dicembre 2017, quando la Giunta regionale, Assessore ai Lavori Pubblici Edoardo Balzarini, stanziava 1,5 milioni di euro per il dragaggio del fiume. La decisione nasceva dal lavoro di sindacato territoriale di Augusto Cherchi, che non chiedeva i soldi per le feste della birra (finanziate con soldi pubblici, ma realizzate a pagamento per i partecipanti, in modo da trasformarsi in grandi affari, garantiti e senza rischio, per gli organizzatori, grazie al gettito fiscale dei contribuenti sardi. Nessuno sapeva che la finanziaria regionale servisse a far diventare ricchi taluni a scapito di altri), ma per dragare il fiume.

Questioni di stile e di sostanza.

Forse sarebbe stato il caso di lavorare sull’acquisizione e l’utilizzo di queste risorse e pulire il fiume, piuttosto che avventurarsi in acrobazie amministrative per non fare i canali che servono a Bosa per non allagarsi e giungere addirittura a teorizzare di riportare l’acqua nel canale tombato di via Lamarmora, cioè dentro la città.

La questione rappresenta una vera querelle tra me e il sindaco di Bosa Casula, che mi ha definito uno sciacallo politico, per cui ho diritto di memoria e di reazione ogni qual volta la cronaca me ne offra l’occasione, per rispondere a un’accusa sciatta e gratuita (e immeritata), posto che uno dei primi atti che feci da assessore ai lavori pubblici, ormai nel lontano (per fortuna) 2015, fu stanziare 6 milioni di euro per le opere di mitigazione del rischio idrogeologico della città di Bosa, cosa che feci con orgoglio e tanto affetto, per quanto mi piace la città dei Malaspina. Sei milioni di euro per la città, non migliaia di euro alle associazioni o agli amici e ai sostenitori. Ai miei tempi le mance pubbliche a bocca di elezioni erano guardate con sospetto dagli elettori e dalla Polizia e a noi facevano schifo; oggi le soglie morali si sono abbassate.

Tuttavia, mentre io e il sindaco polemizzavamo sulla mia presunta natura sciacallesca, sono accadute alcune cose che voglio commentare in pubblico.

Il 22 novembre 2022, quindi poco più di sei mesi fa, alle ore 13:00, la Giunta comunale di Bosa, assente il sindaco perché impegnato sul campo, deliberava lo stato di calamità naturale per il nubifragio provocato dal passaggio sulle pendici del ridente colle di Serravalle del ciclone Poppea. Nel testo, alla pagina 3, tra le altre cose si chiede alla Regione Sardegna: “di dare immediato seguito alle procedure necessarie per la progettazione dei canali di: Segapane, Saladerru/Via Lamarmora, con le risorse al momento a disposizione, a valere su altre misure”.

Siamo a novembre del 2022 ed è piovuto molto e dunque il Comune chiede alla Regione di fare i canali di Segapane, Saladerru/via Lamarmora. Negli anni precedenti ha piovuto meno e il Comune si è adoperato a non fare questi canali e a mantenere in vita il solo canale di via Lamarmora. Quindi i canali si evocano se piove, non si fanno se non piove? Vediamo un po’ più da vicino questa pianificazione idrogeologica metereopatica.

Un po’ di storia.

Si presti attenzione alle date.

L’8 maggio 2018, la Giunta regionale, su proposta dell’assessore agli Enti locali, nomina, su richiesta del Comune di Bosa, il commissario ad acta per procedere agli espropri per la realizzazione delle opere di protezione idraulica delle aree del nord est dell’abitato, cioè i canali.

Cosa era accaduto? Semplicemente per due volte nel 2016 il Consiglio comunale non aveva potuto procedere ad approvare il progetto preliminare delle opere per la situazione di incompatibilità di 8 consiglieri comunali.

Viene nominato commissario ad acta il geom. Carlo Corrias. Il Commissario si insedia e prepara le carte per il suo lavoro.

Più esattamente, il 4 ottobre 2018 il RUP invia a tutti i proprietari la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’esproprio. Entro i termini di legge i proprietari risposero e ricevettero le controdeduzioni del Rup (la vicenda è ricostruita nella parte narrativa della delibera n.54 del 21.05.2020 della Giunta Casula, su cui tornerò).

Un anno dopo, però, cambia l’amministrazione comunale e il 16 giugno 2019 viene eletto sindaco Piero Casula.

Il Commissario ad acta, il 10 luglio 2019, invita l’amministrazione comunale “a voler verificare il permanere dell’eventuale stato di incompatibilità”.

Il sindaco risponde solo il 20 dicembre 2019, dopo aver convocato il 2 dicembre 2019 il Consiglio comunale e aver constatato il permanere delle incompatibilità.

Il verbale del Consiglio comunale del 2 dicembre 2019 è utile per capire chi si è trovato in situazione di incompatibilità e quale peso politico abbia assunto questa situazione, perché tra gli incompatibili si trova anche l’unico consigliere regionale eletto a Bosa.

A questo punto il sindaco si dichiara disponibile a costruire soluzioni progettuali alternative che evidentemente non incorrano in alcuna incompatibilità.

Si legga bene la frase della delibera n.54 del 21.05.2020 che racconta l’episodio: “Il sindaco ha comunicato al Commissario ad acta Carlo Corrias il sussistere delle incompatibilità comunicate dai consiglieri comunali e ha espresso la propria disponibilità a valutare altre soluzioni per concludere l’iter di approvazione del progetto in argomento, tra le quali la possibilità di rivedere il progetto”.

L’italiano è l’italiano e Sciascia scriveva che l’italiano è ragionare. Il commissario ad acta è stato nominato dalla Regione per procedere in sostituzione del Consiglio comunale perché questo è risultato immobilizzato dalle incompatibilità; il Commissario non è stato nominato per modificare il progetto in modo da aggirare le incompatibilità.

Non solo: un progetto di mitigazione del rischio idrogeologico ha motivazioni tecniche che non annoverano l’interesse contrario dei proprietari dei pochi metri di terra che occorrerebbe espropriare per realizzare le opere di mitigazione di interesse pubblico. Il Sindaco avrebbe dovuto dire al commissario di procedere con i suoi poteri e non, come dice la delibera di Giunta, di essere disponibile a modificare il progetto per approvarlo (che è una contraddizione, perché se si modifica un progetto per aggirare l’interesse privato dei proprietari contrapposto a quello pubblico della tutela, si ritarda il tempo di realizzazione delle opere di mitigazione – e dunque si tiene la popolazione esposta al rischio per un tempo più lungo del necessario – e si cambia l’opera senza avere la certezza preliminare di mantenere invariati i livelli di tutela).

Adesso trasferiamoci in Regione, assessorato ai Lavori Pubblici, Servizio Opere Idriche. Qui avvengono due incontri, a febbraio e a marzo del 2020, presenti, oltre che i dirigenti regionali, il sindaco e il commissario ad acta.

Esiste un verbale di questi incontri, ed è esattamente la nota prot. 8848 dell’Assessorato, datata 23.03.2020, che dà conto di uno sforzo per aggirare il conflitto di interessi pubblico/privato che aveva motivato la nomina di un commissario, cambiando il progetto, cioè cedendo all’interesse privato.

Ma il bello è che c’è una grande differenza tra come la delibera della Giunta comunale di Bosa n.54 del 21.05.2020 parla della nota 8848 della Regione, quasi si sia trattato di una sorta di autorizzazione a procedere verso la nuova progettazione, e invece ciò che si legge nella conclusione di quella nota, che è al contrario una censura garbata, ma censura, dell’intenzione comunale:

«Stante le problematiche evidenziate nel corso delle riunioni, il Servizio esprime forte preoccupazione per la situazione di stallo venutasi a creare, anche per le modifiche che l’Amministrazione comunale propone sulle soluzioni consolidate dopo il lungo iter procedurale finora seguito e rammenta ancora l’importanza degli interventi finanziati che sono tesi alla mitigazione del rischio idrogeologico. L’esame degli iter procedurali di ciascuno dei progetti in argomento ha evidenziato ancora gli enormi ritardi accumulati dall’Ente che, come sottolineato nelle pregresse comunicazioni, ”determinano il perdurare, in ampie aree urbane del Comune di Bosa, delle situazioni di rischio al verificarsi di eventi idrogeologici intensi che possono comportare la perdita di vite umane e danneggiamenti ai beni economici e al patrimonio ambientale e culturale, ciò a fronte dell’importante dotazione finanziaria resa disponibile dall’Amministrazione Regionale e dalla programmazione ministeriale, a valere sui fondi disponibili sul Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio idrogeologico.

A causa dell’emergenza attuale e alle relative misure di contenimento per la diffusione del coronavirus, la decisione presa durante l’ultima riunione, di fissare un nuovo incontro per discutere delle soluzioni proposte, non potrà essere portata avanti nel breve-medio termine. Si invita pertanto codesto Comune a procedere, per gli interventi dei quali è soggetto attuatore, ad una attenta analisi delle soluzioni progettuali adottate e alla eventuale formulazione di proposte supportate da forti motivazioni di interesse generale e da valide verifiche tecniche, da presentare nel più breve tempo possibile al Servizio scrivente e agli enti coinvolti nel rilascio di pareri e autorizzazioni».

Poi è arrivato il nubifragio 2022 e il Comune immemore delle sue acrobazie amministrative è tornato a chiedere alla Regione di essere rapida sui canali sul Rio Saladerru. Che dire? Una politica per quando piove e un’altra per quando non piove, una politica con l’interesse pubblico inteso come fastidio al punto da cambiare i progetti; una politica di modifica dei progetti inconcludente che, a detta stessa della regione, ha lasciato la città esposta al rischio. Comunque, va tutto bene. Viva la birra!”. (Paolo Maninchedda, sardegnaeliberta.it).

Ha una gradazione alcolica bassissima, 1,6 gradi, un record in Sardegna per una birra artigianale. Ma il carattere innovativo e inclusivo della neonata Birra Puddu PerMé sta in quel mix di elementi che la rendono un prodotto per tutti e tutte: poco alcol, senza glutine, bassissima carbonazione e etichetta in braille. A questo si aggiunge la sua piacevolezza e aromaticità con le sue note di pesca, mango e un accenno di mandorla. L’ultima nata del birrificio di Oristano, rinato nel 2021 dal recupero dello storico marchio del territorio, è stata presentata da Cucina.eat, a Cagliari, accompagnata dalle pizzette sfoglia di Pietro Ditrizio, dell’omonima pasticceria premiata dal Gambero Rosso con “due torte”. L’idea è emersa nel 2019 durante una lezione a un corso di formazione per birrai e birraie artigianali. “Una allieva, Rita Lostia, ha alzato la mano e suggerito “perché non create una birra accessibile?”, racconta il mastro birraio Mauro Fanari, socio fondatore assieme a Fabio Porcu e Giuseppe Carrus. “Ho accolto subito l’interessante input e l’ho condiviso con i miei soci”, afferma Fanari. L’occasione per renderla concreta è stato poi il bando di Sardegna Ricerche dedicato all’innovazione produttiva per i birrifici artigianali. I tre soci sposano il progetto e danno vita a una birra artigianale, non filtrata, non pastorizzata, prodotta senza nessun additivo chimico o di sintesi, col solo utilizzo di acqua, malto d’orzo, luppolo e lievito. “1.6 gradi alcolici è un valore bassissimo se si pensa che non è stato attuato alcun processo di dealcolizzazione”, rivela Fabio Porcu. Un prodotto che si rivolge a una nicchia di mercato che sempre più si sta ampliando. “La base di partenza è una birra di stile britannico – spiega Mauro Fanari – una bitter leggera, ma con una certa aromaticità. Abbiamo usato malto inglese Maris Otter e Crystal, il luppolo Mosaic e il lievito British”. Il colore è ambrato, con riflessi arancio. “Una birra inclusiva – conclude Giuseppe Carrus – tanti infatti, si devono privare del piacere di condividere momenti di relax davanti a un boccale di birra, da soli o in compagnia. PerMé vuole restituire questa socialità”.

Con l’aggiornamento delle prescrizioni regionali antincendio 2023-2025, prende il via oggi in Sardegna la campagna per la lotta al fuoco. In Sardegna opereranno circa 7.400 uomini, tra personale del Corpo forestale regionale, Vigili del fuoco, agenzia Forestas, compagnie barracellari e volontari con complessivi 1.100 mezzi a terra, e saranno dislocati, come lo scorso anno, tre Canadair all’aeroporto di Olbia. A questi si aggiungeranno gli 11 elicotteri, da 900 litri ciascuno, del Corpo forestale regionale, che fanno parte della gara per l’affidamento del servizio per il triennio 2021-2023, che prevede, in un secondo lotto, anche l’impiego di un elicottero pesante superPuma da 4mila litri di acqua, dal 1° luglio al 31 agosto. La Regione, però, ha già chiesto formalmente al Dipartimento nazionale della Protezione civile la possibilità di avere, nell’Isola, anche un Sikorsky S-64 Skycrane, meglio noto come Elitanker. Sempre da oggi partono gli avvisi sulla pericolosità del rischio incendio che vengono pubblicati sulla pagina dedicata al bollettino sulla base di quattro livelli: pericolosità bassa con il codice verde; media con quello giallo; alta con il colore arancione; pericolosità estrema con il codice rosso. Dal 1° giugno al 31 ottobre vige, su tutto il territorio regionale, un elevato pericolo di incendio boschivo, che comporta il divieto, salvo deroghe specifiche, di tutta una serie di azioni nelle campagne, e non solo.

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