Ott 07

Il primo sistema di energia geotermica a emissioni zero.

Un nuovo progetto di energia geotermica è attualmente in fase di sperimentazione in Canada e gli esperti affermano che potrebbe essere il “punto di svolta” per l’energia pulita.

L’Eavor Loop è un sistema a circuito chiuso scalabile che potrebbe presto consentirci di generare elettricità costante e illimitata dal calore proveniente dal nucleo terrestre.

Come funziona? Il sistema funziona come un radiatore. L’Eavor Loop è costituito da due pozzi perforati a circa 3,5 chilometri di profondità e 5 chilometri di distanza, con diversi tubi di collegamento tra i due. I pozzi quindi fanno circolare un fluido attraverso il circuito, per assorbire il calore della Terra e utilizzarlo per produrre elettricità.

Il sistema non richiede la fratturazioni idraulica o acqua, a differenza di altri progetti geotermici, genera zero emissioni di gas serra, non corre il rischio di inquinare le fonti d’acqua vicine, e diversamente dall’energia eolica o solare, non dipende da elementi esterni.

Si può installare quasi ovunque.

Eavor Technologies ha recentemente avviato la costruzione di un nuovo impianto di collaudo da 10 milioni di dollari in Alberta, Canada. Il progetto è stato finanziato anche grazie al governo e offrirà nuovi posti di lavoro. La conclusione del test pilota sarà entro la fine dell’anno.

Al termine dei test, Eavor Technologies lavorerà per lanciare una dozzina di strutture in tutto il mondo. (www.beppegrillo.it).

Martedì 8 ottobre, alle 18, a Oristano, nella sala del Centro servizi culturali Unla, docu-film di Fabio Martina, “L’estate di Gino”, alla presenza di don Gino Rigoldi e del regista Martina. Interverranno, fra gli altri, Pierluigi Farci, direttore del carcere di Massama; don Gabriele Cossu, cappellano del carcere di Massama; Giovanni Maria Dettori, direttore Rai Sardegna. A Milano, Don Gino Rigoldi, 79 anni, è conosciuto e stimato da tutti e, indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza, è un punto di riferimento per la Milano della solidarietà. Da sempre Don Gino è il cappellano del carcere Beccaria, Istituto di detenzione minorile di Milano, attività che esercita con dedizione, perseguendo un progetto educativo di recupero sociale dei giovani detenuti. Don Gino si dedica agli “ultimi” anche nella sua vita privata. Abita in una cascina fuori città con quelli che chiama i “suoi figli”, ragazzi per la maggior parte stranieri che sono finiti in carcere per piccoli reati: furto, spaccio, rapina, e che Don Gino ha con sé sotto la sua tutela, perchè crede che queste persone non siano veri “delinquenti”, ma che in realtà non abbiano mai avuto un vero padre, un punto di riferimento. E così si presta ad accoglierli a braccia aperte, offrendo loro una casa dopo l’esperienza del carcere, impegnandosi a procurare loro un lavoro, e certamente la cosa di cui hanno più bisogno: l’Amore. Da qui ha inizio il documentario: “L’estate di Gino”, dall’impegno del carcere, a Milano, e dalla fatica della lotta per affermare i principi, i diritti e le possibilità di una vita migliore per i protagonisti. La città, l’istituto di detenzione, la cascina in cui abitano tutti insieme sono i luoghi che simboleggiano i problemi, le preoccupazioni, le questioni quotidiane da dirimere per intraprendere un cammino certo: la ricerca del lavoro, la necessità degli affetti, le scelte importanti per il proprio futuro. “L’estate di Don Gino” racconta l’estate trascorsa da don Gino con i suoi “figli”, che lo considerano il “padre” affettivo e normativo che non hanno mai avuto. Gino è consapevole dei loro “bisogni” e li segue come una guida non solo nella quotidianità cittadina. Li porta, infatti, con sé in vacanza, in Sardegna, ospiti nella casa di un amico. E qui passano giornate spensierate, al mare e in montagna, a giocare a pallone, a nuotare, a camminare, a chiacchierare; tra uno scherzo, una risata, una discussione animata, conosciamo questi ragazzi (provenienti da tutte le parti del mondo, rappresentanti di una società italiana multietnica profondamente mutata) che ci racconteranno ciò che è stato e quello che sarà della loro vita, facendo emergere il rimorso per gli errori commessi e il desiderio di ricominciare, di riscattarsi, di espiare per poter essere finalmente liberi. Il regista Fabio Martina, brindisino da parte di padre e di madre, autore di documentari e di film di fiction, dopo una laurea in filosofia, la frequentazione della Scuola del Cinema di Milano e una lunga collaborazione con l’azienda Rai nell’area regia, firma e produce audiovisivi nella Milano vibrante dei primi anni del 2000. I suoi lavori trattano di temi sociali, etici e filosofici e mettono in discussione i cliché e gli stereotipi della società moderna.

Mercoledì 9 ottobre, alle 18.30, nella sala del centro servizi culturali Unla, a Oristano, presentazione del libro “Genitori si nasce” (Editrice S’alvure), una proposta per riflettere sul proprio modo di educare, di Massimo Serra. Dialoga con l’autore, Stefano Mele.
“Educhiamo i nostri figli pensando che debbano crescere, maturare, imparare; e concentrati su questa nostra missione dimentichiamo che la faccenda educativa riguarda prima di tutto noi stessi e il nostro cambiamento”. Chi sono i genitori? Genitori affettivi, forensi, marsupiali, crociati, disorientati… I genitori vivono in bilico; sanno che non possono esimersi dall’educare e allo stesso tempo hanno la certezza che, anche se ce la metteranno tutta, sbaglieranno. Ma poi ci provano ancora, reinventando l’educazione ogni giorno. Il libro aiuta a riflettere sul proprio modo di educare, a partire dalla presa di coscienza che nonostante riteniamo che due adulti diventino genitori il giorno della nascita del primo figlio, in realtà quando arriva quel giorno il genitore è già nato molto tempo prima, in un progressivo percorso di costruzione di sé. L’autore propone ai genitori un percorso di riflessione alla riscoperta delle proprie radici storiche, biografiche, narrative, per costruire una pedagogia che definisce ecologica, in cui la misura della funzione pedagogica del genitore non sia l’educazione del figlio, ma la capacità di auto-riflessione del genitore stesso. Allo stesso modo insegnanti e educatori trovano nel libro una occasione per riflettere sulla propria “epistemologia”, cioè non tanto su ciò che insegnano o sui contenuti dell’educazione, ma sul proprio modo di educare, sulle proprie mappe, sulle coordinate, spesso non del tutto consapevoli, che guidano le loro azioni.
Massimo Serra, laureato in Filosofia all’Università di Cagliari, vive a Terralba e insegna filosofia e scienze umane presso l’Istituto Magistrale “Benedetto Croce” di Oristano. Progettista, consulente e formatore, è co-fondatore e presidente del Coordinamento Genitori Democratici di Terralba e coordinatore dell’Associazione Italiana persone Down di Oristano, per la quale ha ideato e condotto numerosi progetti di educativa, promozione della diversità, e inclusione.

“La vita quotidiana a Santa Chiara ai tempi di Eleonora d’Arborea”. È il titolo della conferenza di Giampaolo Mele (Università di Sassari, direttore scientifico Istar), in programma venerdì 11 ottobre, alle 18, nella chiesa di Santa Chiara. L’evento è organizzato dall’Istar, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Oristano e l’assessorato regionale alla Pubblica istruzione e ai beni culturali. In apertura, i saluti di suor Chiara Demurtas, badessa del Monastero di Santa Chiara; di Monsignor Roberto Carboni, arcivescovo metropolita d’Arborea; del sindaco di Oristano, Andrea Lutzu; dell’assessore comunale alla Cultura, Massimiliano Sanna; del presidente dell’Istar, Maurizio Casu. La serata entrerà poi nel vivo con la conferenza del Giampaolo Mele, paleografo e storico della musica medievale e della liturgia. Nel corso della manifestazione, gli eredi Pili, in memoria di Raimondo e Angelina Pili, doneranno al monastero di Santa Chiara un codice in pergamena, in catalano, redatto in scrittura tardo gotica, con la “Regola delle Clarisse” promulgata da papa Urbano IV (1263), e risalente al secolo XVI. Il manoscritto include anche una succinta “Cronaca dell’Ordine francescano”, dove sono citati diversi monasteri catalani della “custodia” di Barcellona, tra cui quello di Pedralbes. Il prezioso manoscritto cinquecentesco in catalano si affianca al codice trecentesco latino della Regola, conservato nel monastero con la sigla 1bR, munito anche di musica, scoperto e pubblicato da Giampaolo Mele nel 1984. La conferenza sarà seguita dal concerto del Complesso vocale di Nuoro (Sezione femminile) diretto da Franca Floris, dal titolo: “Iam Sanctae Clarae claritas. Canti a Santa Chiara nel Trecento”. Verrà eseguita, tra l’altro, l’antichissima antifona “Ancilla Christi sum” (“Sono l’ancella di Cristo”), per la vestizione delle Clarisse, ai tempi di Eleonora d’Arborea, assidua frequentatrice del monastero. I due preziosi codici della Regola delle Clarisse, in via eccezionale, potranno essere ammirati dal pubblico alla fine della manifestazione.

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