Autismo, genitori senza aiuti per gestire i figli con questi disturbi.
“Se non puoi pagare cure private hai solo dieci ore di terapia al mese”. Per Toni Nocchetti, presidente di Tutti a scuola onlus, “…scarsa o assente preparazione dei docenti, oltre che esigue risorse a disposizione, sono il corollario del percorso scolastico della maggioranza degli studenti autistici”.
Fabrizia Rondelli, presidentessa dell’associazione L’Ortica: “Servono almeno due anni di attesa per ottenere una diagnosi. A quel punto spesso i genitori, lasciati soli, rinunciano a lavorare”.
Pregiudizi, mancanza di assistenza adeguata, sostegno scolastico insufficiente e strumenti di inclusione sociale inadeguati. Questa è la situazione in cui si trova chi ha un familiare con disturbi dello spettro autistico, una sindrome che colpisce tra le 300mila e il mezzo milione di persone in Italia. Il dato esatto finora non è stato certificato da nessun ente o associazione perché non tutti i casi, soprattutto i meno gravi, vengono diagnosticati. Non esiste un Registro nazionale delle persone con la sindrome, né un Osservatorio che consenta di programmare interventi e servizi utili a sostenere le famiglie. Così si arriva a casi di cronaca drammatici come quello, reso pubblico la settimana scorsa dagli operatori della Casa Sebastiano di Fondazione Trentino autismo, del bambino affidato al Tribunale dei minori perché i genitori non riuscivano più a occuparsene.
“I genitori sono stati costretti ad allontanarsi dal figlio minorenne perché non sono stati aiutati e affiancati nella difficile battaglia di crescere un figlio a cui è stato diagnosticato l’autismo”, ha denunciato la struttura della Val di Non. “La nascita di un figlio autistico rappresenta per una famiglia uno tsunami di dimensioni incomprensibili a chi non conosce questo mondo”, dice al Fattoquotidiano.it Toni Nocchetti, presidente di “Tutti a scuola onlus”, divenuto punto di riferimento nazionale a difesa dei disabili, con un’attenzione particolare rivolta alle persone con autismo.
“A nulla servono i proclami e le buone intenzioni della politica se non seguite dai fatti. La prima esigenza di una famiglia che scopre di avere un figlio “speciale” è di sentirsi assistita, guidata, protetta da una rete di servizi che un paese come l’Italia dovrebbe offrire, ma non è cosi. E’ indispensabile sostenere in primis i genitori che saranno alle prese con un figlio che rimarrà probabilmente un bambino da proteggere tutta la vita”. Nei fatti, però, “…la scuola, fondamentale sentinella della comunità civile, per un autistico diventa spesso un terribile ostacolo ai progressi che egli potrebbe fare. Scarsa o assente preparazione dei docenti, oltre che esigue risorse a disposizione rappresentano il corollario del percorso scolastico della maggioranza degli studenti autistici. Terminata, spesso bruscamente interrotta, la scuola per le famiglie si apre una voragine profonda di solitudine”, aggiunge Nocchetti. “Poi ci sono le rituali celebrazioni della Giornata mondiale sull’autismo (il 2 aprile. ndr) colorate di blu o le ipocrite dichiarazioni dei politici di turno. Nel frattempo un Paese che ogni anno trova logico spendere miliardi di euro per i video poker e le lotterie non trova le risorse necessarie per interventi a sostegno delle famiglie. Slogan e promesse che farebbero invidia a Pinocchio tante, fatti zero”.
Dunque cosa accade, in concreto, una volta ricevuta la diagnosi di autismo? “Ad oggi in Italia occorrono almeno 2 anni di attesa per ottenere una diagnosi di questa sindrome, e se non hai abbastanza soldi per pagare terapie private ti devi accontentare, se va bene, di una decina di ore di logopedia e psicomotricità al mese”. A dirlo al Fatto.it è Fabrizia Rondelli, presidentessa dell’associazione L’Ortica di Milano, e madre di un ragazzo 24enne che ha ricevuto una diagnosi di autismo di medio funzionamento. Secondo Rondelli in Italia non ci sono le condizioni adeguate per crescere un figlio che a volte non parla, ha comportamenti bizzarri, non si sa adeguare ai contesti in cui si trova, ha difficoltà di relazione e scappa senza un motivo oppure resta chiuso nella sua stanza per intere giornate.
“E’ una situazione estremamente complessa in cui spesso le famiglie provano senso di vuoto, impotenza, vergogna e di emarginazione. Molte volte anche i parenti sono inesistenti e gli amici sempre meno. Ti senti quasi lasciato in disparte e non incluso nella società, non tutelato neanche dallo Stato che invece dovrebbe aiutare i cittadini più bisognosi”.
Fabrizia si dice “turbata” dalla vicenda di Trento, soprattutto perché il bambino si trova ora senza più i riferimenti affettivi più importanti, lontano dalle cose che conosceva meglio e che gli potevano dare maggiore sicurezza. Ma vuole anche sottolineare lo grave situazione di quasi abbandono completo in cui vivono le famiglie: “Spesso i genitori rinunciano a lavorare per occuparsi del figlio con autismo, per seguire le pratiche scolastiche, per accompagnarlo alle terapie e seguirlo in tutti i suoi percorsi di crescita”, spiega. “I genitori si ritrovano a non avere più la propria vita e non trovano nemmeno le parole per spiegare che cosa sta accadendo. Così purtroppo succede che qualcuno getti la spugna per tornare alla “normalità”. Anche se la loro vita non sarà più la stessa”. (Renato La Cara, www.ilfattoquotidiano.it).
Tanti bambini con autismo dimostrano di poter gestire, in una maniera alternativa, molti tra gli aspetti più complessi della loro condizione. Ellen Notbohm, scrittrice e mamma di un bambino con autismo, nel libro “10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi” (edito da Etickson) si mette nei panni di coloro che soffrono di questo disturbo, immaginando che siano loro a suggerire agli adulti le “10 cose” essenziali da tenere a mente.
I bambini con autismo, se guidati nel modo giusto, possono fare passi da giganti e gestire in modo alternativo molte difficoltà tipiche della loro condizione.
Ecco le “10 cose” fondamentali per capire il comportamento di una persona con autismo:
1. Io sono un bambino
Il mio autismo è parte di ciò che sono, ma non è tutto ciò che sono. Tu sei sovrappeso, miope o maldestro? Magari sono queste le prime cose che noto di te, ma in realtà tu sei più di questo, no? Tu sei una persona con pensieri, sentimenti, preferenze, idee, sogni. Poiché sei un adulto, tu hai il controllo sul modo in cui ti definisci. Se vuoi far emergere una caratteristica su tutte le altre, puoi farlo. Io, che sono un bambino, non so ancora chi sono.
2. I miei sensi non si sincronizzano
Il normale flusso di immagini, suoni, odori, gusti e sensazioni tattili, che probabilmente tu neanche noti, per me è addirittura doloroso. Spesso ho l’impressione che l’ambiente mi sia ostile. Ti potrei sembrare isolato o aggressivo o cattivo, ma sto solo cercando di difendermi. Il mio udito è acutissimo. Il mio olfatto potrebbe essere ipersensibile e i miei occhi sono bombardati. Purtroppo, il mio cervello non riesce a filtrare tutti gli input e vado in tilt.
3. Distingui fra ciò che non voglio fare (scelgo di non fare) e non posso fare (non sono in grado)
Io ti ascolto quando mi dai istruzioni, ma non ti capisco. Quando mi chiami dall’altro lato della stanza io sento: «*&^%$#@, Luca. #$%^*&^%$&*». Piuttosto, vieni vicino a me, richiama la mia attenzione e parla con parole semplici: “Luca, rimetti il libro sulla scrivania. È ora di mangiare”. Così è più facile per me ubbidire.
4. Sono un pensatore concreto. Interpreto il linguaggio letteralmente
Quando dici “C’è un tempo da lupi”, io mi aspetto di veder spuntare un animale feroce da un momento all’altro. Dimmi invece: “Piove molto e fa freddo”. Giochi di parole, modi di dire, sfumature, allusioni, sarcasmo, metafore non hanno nessun effetto su di me.
5. Fai attenzione a tutti i modi in cui cerco di comunicare
Per me è difficile dirti di cosa ho bisogno se non riesco a descrivere le mie sensazioni. Fai attenzione al mio linguaggio del corpo, alla mia tendenza a isolarmi o ad agitarmi o ad altri segni che significano che c’è qualcosa che non va. È tutto lì da interpretare.
6. Fammi vedere! Io ho un pensiero visivo
Ho bisogno di vedere qualcosa per impararlo, perché le parole dette per me svaniscono presto. Fammi vedere più volte come si fa qualcosa, anziché dirmelo e basta. Con tanto esercizio paziente, riesco a imparare. I supporti visivi creano una transizione indolore fra le attività e mi aiutano a gestire il mio tempo e a soddisfare le tue aspettative.
7. Concentrati e lavora su ciò che posso fare, anziché su ciò che non posso fare
Come ogni altra persona, non posso imparare nulla in un ambiente in cui mi si fa pesare sempre il fatto che non sono bravo e non vado bene. Cerca dei punti forti in me e li troverai: per tutte le cose esiste più di un modo giusto per riuscirci.
8. Aiutami nelle interazioni sociali
Potrebbe sembrarti che io non voglia giocare con gli altri bambini al parco, ma semplicemente non sono capace di iniziare una conversazione o di unirmi ai loro giochi. Insegnami come fare: io posso dare il mio meglio nelle attività di gioco strutturate. Non sono capace di leggere le espressioni facciali, il linguaggio del corpo o le emozioni degli altri, perciò allenami. Se mi metto a ridere quando una bimba cade dallo scivolo, non è perché credo che sia divertente, è perché non so cosa dire. Aiutami a chiederle: “Ti sei fatta male?”
9. Identifica che cos’è che innesca le mie crisi
Gli scoppi di rabbia e i crolli emotivi sono molto più terribili per me che per te. Se avvengono è perché uno dei miei sensi, o più di uno, è andato in sovraccarico o perché sono stato spinto ben oltre i limiti delle mie capacità sociali. Tieni un diario in cui annotare orari, persone, ambienti, attività: potrebbe emergere uno schema ricorrente. Il mio comportamento potrebbe anche avere una causa fisica. Cerca tu i segnali, perché io potrei non essere in grado di parlartene.
10. Amami incondizionatamente
Smettila di pensare a quello che sarebbe potuto essere se io non fossi stato autistico. Neanche tu hai soddisfatto ogni aspettativa che i tuoi genitori avevano per te, non ho scelto io di avere l’autismo. Senza il tuo supporto, le mie opportunità di crescere e diventare indipendente sono scarse. Invece con il tuo aiuto, le possibilità sono migliori di quanto tu possa credere. Dobbiamo avere tanta pazienza. Amami per quello che sono e vediamo dove riusciremo ad arrivare.
Si è chiusa con un bilancio più che positivo sotto l’aspetto dell’affluenza e del gradimento, l’ottava tappa della “Festa del Gusto Tour Sardegna”, che dal 7 giugno sta attraversando le maggiori località turistiche dell’Isola. A Torre Grande si sono registrati addirittura due sold out assoluti, uno per gli arrosticini abruzzesi e l’altro per il sivigliano Jose Tito Castro, ma anche gli stand di Brasile e Argentina sono stati un successone. “Il format targato InvitaS si è dimostrato vincente – ha detto Alessia Littarru, presidente dello staff – e quella di Torre Grande resterà una delle tappe di maggior successo. Gli street fooders provenienti da Italia, Spagna, Argentina e Brasile hanno apprezzato l’ottima organizzazione dell’evento da parte del Comune, che ha favorito l’afflusso di non meno di 40/45 mila ospiti e turisti nei 4 giorni di manifestazione, che hanno preso letteralmente d’assalto gli stand sul lungomare”. “Ci fa piacere quanto espresso dagli organizzatori e dagli utenti, – hanno affermato il sindaco Lutzu e l’assessore al Turismo Stefania Zedda –, perché è uno sprone per fare sempre di più e meglio. Torre Grande merita il massimo dell’attenzione e il calendario degli eventi turistici e sportivi per questa località testimonia la nostra volontà in proposito”.
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