Ago 12

L’Italia degli sfruttati.

Manca ormai poco all’inizio della prossima campagna elettorale ma già da diverso tempo ne è cominciata una che accomuna gran parte della politica italiana.

Sono mesi ormai che in maniera bipartisan i prossimi candidati politici si avvicendano negli studi televisivi, coadiuvati da una pletora di opinionisti, scandendo parole d’ordine e slogan vuoti che sembrano sempre tutti troppo uguali; agende politiche che hanno scelto quasi tutte a quale campo appartenere, quello del mondo neoliberista, della disuguaglianza e della disparità tra ricchi e poveri.

Lo sport favorito sembra esser quello dell’attacco a quell’Italia degli sfruttati, che è una parte ormai sempre più rilevante del Paese. Del resto nella società dell’apparenza e dell’individualismo sociale ed economico chi non ce la fa è etichettato come un perdente, un buono a nulla.

Come dimenticare gli attacchi continui di politici e media ai danni del reddito di cittadinanza? Che il Rdc sia perfettibile è un dato di fatto ma bisogna considerare altresì che il Covid ne ha frenato la completa evoluzione. Al contempo non si può non dire che ha rappresentato una importante misura di redistribuzione della ricchezza che ha salvato milioni di persone dalla povertà, a maggior ragione con l’avvento della pandemia. Una misura che una parte di Paese aspettava da anni, e che ci ha messo al pari anche con la maggior parte delle democrazie europee che prevedono questo tipo di azioni.

Eppure non è bastato questo per frenare i detrattori, tra l’altro molto spesso grandi sostenitori europeisti, dall’attaccare la misura; diverse sono stati i titoli di giornali e le accuse dei politici ogni qual volta si scoprivano i furbetti del Rdc intenti ad accaparrarsi il denaro senza averne alcun diritto. Ebbene, invece di invocare maggiori controlli verso queste deprecabili azioni si è sempre urlato affinché fosse sospesa la misura, addirittura con un tentativo mal riuscito di Renzi di proporre un referendum per abolirlo. Eppure non si sono visti titoli sui giornali o isterie di politici per accusare i furbetti della cassa integrazione per covid, che ha coinvolto migliaia di aziende per una truffa complessiva di svariati miliardi (solo ad Agosto 2020 si parlava di circa 2,7 miliardi). Ovviamente sarebbe folle accusare tutte le imprese di esser truffatrici ma allo stesso tempo è assurdo trattare tutti i beneficiari del Rdc come truffatori.

C’è da considerare un dato molto importante, il Rdc ha rappresentato un argine ad un ulteriore impoverimento della popolazione che secondo l’Istat in Italia è stabile dall’inizio della pandemia e coinvolge circa 5.6 milioni di persone con una previsione peggiorativa. Secondo Oxfam il nuovo virus sarà quello della disuguaglianza, tanto è che nel 2021 la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese è aumentata con i miliardari passati da 36 a 49 possedendo la ricchezza del 30% degli italiani più poveri che sono circa 18 milioni di persone adulte, 1 milione in più rispetto al pre pandemia.

Un altro tasto dolente del dibattito pubblico è rappresentato sicuramente dallo scarso interesse per il mondo del lavoro. La politica è sempre più impegnata a parlare di pil, ripresa, imprese, in maniera aleatoria, magari sotto la pressione di Confindustria (l’affossamento del decreto Dignità ne è un esempio), ma sempre meno dei bisogni reali dei lavoratori. In Italia dal 2019 ad oggi la percentuale di lavoratori poveri, ad esempio, è sensibilmente aumentata passando da 11.7% al 12%. Dall’inizio della pandemia l’aumento è di circa 400mila persone. Peggio di noi solo Lussemburgo, Spagna e Romania. Milioni di giovani e meno giovani lavoratori, più di tre milioni, sono costretti a lavorare per pochi euro all’ora, con contratti ai limiti della schiavitù o part time troppo spesso non richiesti ma imposti dai datori (al sud soprattutto).

Sebbene quello dei lavoratori poveri, ossia lavoratori che percepiscono meno di 11.500 euro all’anno, sia un fenomeno globale, nel nostro Paese non può non esser collegato alla questione salariale. In Italia i salari sono fermi da trent’anni, anzi a dire il vero sono diminuiti, unico Paese Ocse, al cospetto della crescita di Germania +34%, Francia+31% e persino la Spagna 6% che in ogni caso mantiene una più alta percentuale di lavoratori poveri. Al contempo l’inflazione aumenta, come aumentano le tasse sul lavoro che sono al quinto posto dei Paesi Ocse. Ancora troppo pochi sono i politici che mettono al centro del dibattito il salario minimo  per i lavoratori.

Ci sono interi settori che sono vessati dalle nuove regole del mercato del lavoro, al ribasso, come quello della logistica, settore sempre più sotto “ricatto” delle multinazionali dell’e-commerce che cercano di influenzare la politica. Se pensiamo a questo settore, da anni alle prese con battaglie per il riconoscimento di salari adeguati e di diritti, troppo spesso negati nel nome della “efficienza richiesta dal mercato”. Turni massacranti, paghe basse ed episodi di squadrismo ai danni di lavoratori e sindacati di base nel momento delle rivendicazioni. E come se non bastasse ultimamente anche la politica ci si è messa di mezzo provocando un terremoto che ha scosso migliaia di famiglie.

A provocarlo un emendamento a firma di Nunzio Pagano, di Forza Italia, nel Dl Aiuti 36/2022 che ha modificato l’Art. 1677 bis del Codice civile relativo alla responsabilità in solido dei committenti, di fatto privando i lavoratori di rivolgersi ai committenti finali, qualora non venissero pagati i salari o i contributi, che appaltano i servizi di trasporto a cooperative o piccole imprese terze troppo spesso sotto l’occhio del ciclone per sfruttamento, dumping salariale, salute e lavoro nero. Un regalo alle multinazionali che dal 29 Giugno non dovranno più preoccuparsi delle responsabilità relative ai mancati pagamenti dei lavoratori. Una completa deregolamentazione di un solo settore, quello della logistica.

A proposito di sfruttamento, da anni in Italia si parla dello sfruttamento con orari massacranti molto superiori a quelli previsti dai contratti. Diversi sono gli esempi per gli stagionali del settore della ristorazione, troppo spesso costretti a lavorare ben più di otto ore e con salari da fame. Ma anche nel settore della logistica e dell’e-commerce avviene lo stesso, soprattutto durante i giorni infernali di Natale.

Ecco, mentre in alcuni settori c’è questo grosso problema, in altri Paesi si sperimentano nuovi percorsi che possano mettere al centro la qualità della vita della persona e, di conseguenza, una migliore attività lavorativa. Nel 1930 Keynes prevedeva che nel 2030 si sarebbe lavorato 15 ore la settimana, per via della meccanizzazione della società. In realtà, nonostante la robotizzazione sia aumentata, il raggiungimento di questa previsione è ancora molto lontano. Nel Regno Unito 70 aziende hanno avviato un programma per 3.300 dipendenti di riduzione della settimana di lavoro a 4 giorni a parità di salario. Lo stesso ha fatto la multinazionale giapponese Panasonic con una previsione di produttività maggiore del 30%. In Svezia e in Islanda si è sperimentata la giornata di lavoro di 6 ore a parità di salario e di 4 giorni lavorativi per i lavoratori pubblici. Proprio quest’ultima iniziativa sta prendendo piede in diversi Paesi con il movimento “4 days week global” che sta preparando per settembre 2022 un esperimento pilota per i 4 giorni di lavoro alla settimana e che avrà luogo in Canada, Usa, Uk e diversi Paesi Europei. Con l’obiettivo di dimostrare che la qualità della vita migliora aumenta la produttività e, di conseguenza, lascia spazio a nuovi posti di lavoro.

Salario minimo e Reddito per diminuire la povertà e combattere il lavoro nero, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per incrementare il lavoro e migliorare la produttività! Si può fare! (Danilo Della Valle, analista politico; da beppegrillo.it).

Nella provincia di Oristano il mare non è inquinato. E’ quanto risulta dal monitoraggio, iniziato il 20 giugno e concluso il 1°agosto, da Goletta Verde di Legambiente, che ora ha reso noti i risultati. Nel mare sardo sono quattro i punti inquinati: tre alla foce dei fiumi e uno al largo della spiaggia cagliaritana di Calamosca. Legambiente ha messo in campo oltre 200 volontari. Sono 29 i campioni prelevati nell’Isola: 10 nella provincia di Sassari, 6 nella provincia di Nuoro, 5 nel sud Sardegna, 4 in quelle di Oristano e Cagliari. Ventuno sono stati prelevati a mare, mentre otto sono stati campionati nelle foci. Quattro, come detto, quelli risultati oltre i limiti di legge. Due sono stati giudicati “inquinati” e altri due “fortemente inquinati”. Le situazioni più pesanti (“fortemente inquinati”) alla foce del corso d’acqua in via Aldo Moro ad Alghero, in località San Giovanni. Stesso giudizio per la foce del Rio Foxi a Quartu Sant’Elena. Giudicati inquinati, invece, la foce del Rio Cuggiani a Valledoria in località San Pietro a Mare, e un punto a mare davanti alla spiaggia di Calamosca a Cagliari. Nelle province di Oristano, Nuoro e Sud Sardegna tutti i punti campionati sono risultati “entro i limiti”. Secondo Legambiente Sardegna “…rispetto allo scorso anno è stata rilevata una riduzione dei punti che hanno superato i limiti di legge e la risoluzione, almeno temporanea, di alcune criticità di lunga data”. I dati sono stati trasmessi alla Capitaneria di porto, ai Comuni e Arpa. I prelievi di Goletta verde vengono eseguiti da tecnici e volontari. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero fino all’analisi, che avviene lo stesso giorno o, comunque, entro 24 ore. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali). Il numero dei campionamenti viene definito in proporzione ai chilometri di costa in ogni regione.

Nuovo passo avanti per il progetto Maristanis. La giunta comunale di Oristano ha, infatti, dato il via al processo partecipativo e alle azioni propedeutiche necessarie all’istituzione del Parco naturale regionale delle Terre d’Acqua dell’Oristanese. “Il progetto Maristanis – ha precisato il sindaco Massimiliano Sanna – è un progetto di cooperazione internazionale per la definizione di un modello di gestione integrata delle zone umide e costiere del Golfo di Oristano; cofinanziato dalla Fondazione Mava e coordinato dalla Fondazione Medsea, in collaborazione con l’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre”, Maristanis si sviluppa in parallelo con altri tre progetti cofinanziati da Mava in Tunisia, Montenegro e Albania, ed è finalizzato alla tutela e al miglioramento della gestione di sei zone umide di importanza internazionale (siti Ramsar), site nel territorio marino-costiero del Golfo di Oristano, della Penisola del Sinis e dell’Area Marina Protetta Penisola del Sinis, che coinvolge i Comuni di Oristano, San Vero Milis, Riola Sardo, Cabras, Santa Giusta, Palmas Arborea, Arborea, Guspini, Arbus e Terralba”. Nei mesi scorsi, i sindaci dei Comuni di Oristano, Arborea, Arbus, Cabras, Guspini, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Vero Milis, Santa Giusta e Terralba; il presidente del Consorzio di Bonifica dell’Oristanese, il presidente della Provincia di Oristano e l’assessore regionale della Difesa dell’Ambiente, hanno sottoscritto il contratto delle Zone Umide marino-costiere dell’Oristanese, congiuntamente al Programma delle azioni. Successivamente ha aderito anche il Comune di Nurachi. “Ora entriamo nella fase attuativa – ha sottolineato l’assessore all’Ambiente del Comune di Oristano Maria Bonaria Zedda -. La Fondazione Medsea, a cui è stata affidata la segreteria tecnica, si occuperà del processo di partecipazione con l’obiettivo di presentare il contratto ed il piano delle azioni, attraverso l’avvio di una fase di ascolto e coinvolgimento degli attori chiave del territorio. L’obiettivo finale è l’istituzione del Parco che potrebbe assicurare la gestione unitaria del complesso degli ecosistemi delle acque di transizione garantendo, anche in considerazione della loro rilevanza internazionale e comunitaria, la conservazione e la valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, storiche e culturali, la loro fruizione sociale, la promozione della ricerca scientifica e della didattica ambientale, nonché lo sviluppo sostenibile delle attività economiche compatibili, in primo luogo quelle tradizionali, ittiche, agricole, zootecniche, artigianali e turistiche e la riqualificazione paesaggistica degli insediamenti. Numerose esperienze di successo realizzate in Italia testimoniano che l’istituzione di un Parco consente di generare nuove opportunità economiche a favore delle comunità locali dei territori interessati – ha aggiunto Zedda -. Nell’immediato sono programmate le seguenti azioni: predisposizione di studi specialistici di tipo ambientale, sociologico, antropologico, socioeconomico ed ulteriori aspetti utili alla conoscenza del territorio; attività di animazione e sensibilizzazione, compresa l’organizzazione di incontri specifici con gli stakeholders istituzionali e non, la popolazione e i portatori di interesse; presentazione di buone pratiche messe in atto in altre realtà assimilabili, anche con il coinvolgimento di altri gestori di aree protette”.

Sono aperti i termini per la presentazione delle domande per accedere ai contributi del programma “Mi prendo cura”. “Il programma, istituito dalla Regione è destinato ai beneficiari dei progetti “Ritornare a casa” per ampliare la risposta assistenziale a favore delle persone con disabilità gravissime – ha spiegato l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Oristano Giovanna Bonaglini -. Si tratta di un nuovo intervento, complementare al programma “Ritornare a casa”, che consente di fare fronte a bisogni che non trovano risposta nelle ordinarie misure sanitarie e sociali”. Il contributo economico deve essere utilizzato per una delle seguenti tipologie: rimborso delle spese sostenute per acquisto di medicinali, ausili e protesi che non siano forniti dal Servizio Sanitario Regionale; rimborso delle spese sostenute per la fornitura di energia elettrica e di riscaldamento che non trovino copertura nelle tradizionali misure a favore dei non abbienti; rimborso delle spese per l’acquisizione di servizi professionali di assistenza alla persona a favore di coloro che, avendo presentato domanda di attivazione di un nuovo progetto “Ritornare a casa Plus”, formalmente acquisita dall’ambito di riferimento e con esito positivo da parte dell’Uvt, siano in attesa da oltre trenta giorni per la sua attivazione. L’importo del contributo economico una tantum è di 2.000 euro annuali a favore di ogni beneficiario, a titolo di rimborso totale o parziale delle spese sostenute. Il contributo subirà una decurtazione determinata sulla base dell’Indicatore Isee socio-sanitario 2022 in corso di validità. L’erogazione del contributo avverrà a cadenza semestrale. Copia integrale dell’avviso pubblico e del modello di domanda per la presentazione delle istanze è reperibile presso l’Ufficio relazione con il pubblico, l’Informacittà, e sul sito istituzionale del Comune di Oristano www.comune.oristano.it , corredate dai seguenti documenti: documento di riconoscimento del richiedente e del beneficiario in corso di validità; ricevute attestanti il pagamento delle spese per le quali si chiede il rimborso; dichiarazione personale da cui risolti che tali spese non sono coperte dal Servizio Sanitario Nazionale e da altre misure a favore dei non abbienti; eventuale Decreto di nomina di Tutela, Curatela, Amministrazione di Sostegno nei casi previsti. Le domande dovranno essere presentate all’Ufficio Protocollo del Comune di Oristano (a mano o per posta) oppure inviate all’indirizzo mail istituzionale@pec.comune.oristano.it, entro i seguenti termini: il 15 settembre 2022 per il rimborso relativo al primo semestre 2022, ed entro il 31 gennaio 2023 per il rimborso relativo al secondo semestre 2022.

Contagi pressochè stabili nelle ultime 24 ore in Sardegna, dove si registrano anche altri due decessi. I nuovi casi Covid sono oggi 715 (- 27), di cui 622 diagnosticati da antigenico.

Sono stati processati in totale, fra molecolari e antigenici, 3.239 tamponi, per un tasso di positività che sale dal 19,7 al 22 per cento.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 11 (+ 2), in calo invece quelli in area medica, che in tutto sono 132 (- 16). Ancora in diminuzione i casi di isolamento domiciliare: 18.660 (859 in meno rispetto a ieri).

I decessi riguardano due donne, di 80 e 96 anni, residenti nella provincia del sud Sardegna.

Dei 715 casi odierni, 84 sono riferiti alla provincia di Oristano, 164 all’Area Metropolitana di Cagliari, 195 alla provincia di Sassari, 91 a quella di Nuoro, e 181 al Sud Sardegna.

Nelle ultime 24 ore, a Oristano, si sono registrati 20 nuovi contagi e 28 guarigioni.

I casi rilevati fino a questo momento in città sono 10.399, i pazienti guariti 10.084, i casi attualmente positivi 256, e i decessi 53

Incidente stradale, attorno alle 17, lungo la provinciale Riola Sardo – Putzu Idu. Una donna di 40 anni, di Oristano, ha perso il controllo della sua Ford Fiesta, che è uscita fuori strada dopo essersi ribaltata, finendo in una cunetta. La donna è stata estratta dalle lamiere dai Vigili del fuoco di Oristano, giunti su posto assieme ai Carabinieri a un’ambulanza del 118 che ha trasportato la 40enne all’ospedale San Martino  di Oristano in codice rosso, ma non in pericolo di vita.

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