Nov 24

Sardine, date del “lei” a Mattia Santori (di Nadia Urbinati).

A chi teme che si immetta il bacillo della politica “contro”, occorrerebbe far presente che quanti scendono in piazza in questi giorni, semmai, sono lì in reazione a questo bacillo che da anni ammorba la politica. Dunque non va tolta autorevolezza a chi li rappresenta in tv: basta con il “tu”.

Vi è un principio semplice alla base della democrazia: la quantità viene prima della parola e dà voce. Il Manifesto delle 6000 Sardine appena pubblicato e prima ancora l’imprevista loro emersione in Piazza Maggiore, a Bologna, dicono essenzialmente questo. E lo fanno con gentilezza ed eloquente chiarezza, senza aggredire. Una gentilezza che manca a molti conduttori e ospiti televisivi quanto si rivolgono a Mattia Santori, uno degli ideatori delle Sardine bolognesi, con il “tu”, come a volergli togliere autorevolezza.

Segno questo di un fenomeno più vecchio e profondo, che ha a che fare con la diffidenza verso i movimenti che sorgono spontanei, le manifestazioni di giudizio pubblico che fuoriescono dalle istituzioni e dai partiti. I commentatori politici si sono in questi giorni soffermati su questo movimento delle sardine per esprimere preoccupazione che non si voglia sostituire ai partiti o che non esageri la sua forma opposizionale con l’esito di gettare la politica in un nuovo ring per pugili (come se questa non fosse già la realtà delle cose!). Queste sono preoccupazioni poco perspicaci. Le 6000 Sardine hanno mostrato l’esistenza di due problemi seri nelle società attraversate dal populismo.

Il primo problema è che lo stile populista è onnivoro e assolutista, imperante in ogni momento della giornata e su ogni mezzo di comunicazione – spesso con la compiaciuta cooperazione dei media che vanno a caccia di ascolto sguinzagliando i paroloni e le frasi ad effetto di cui i populisti sono capacissimi e generosi. A fronte di questo uso aggressivo e antideliberativo del linguaggio pubblico il rischio è che tutto e tutti debbano diventare populisti per potersi confronatre con l’avversario.

Come insegna la storia politica dell’America Latina, il populismo costringe ad essere tutti populisti. Il movimento delle Sardine ha affrontato questo problema occupando uno spazio con la fisicità e la quantità, senza parola. Come a voler dimostrare che ci sono le persone non l’audience; che le aggressioni verbali che vengono gratuitamente dispensate ogni minuto contro chi non è dalla parte giusta possono essere messe a tacere con il silenzio maestoso del numero. Condizione prima per impostare un nuovo stile del discorso pubblico.

Il secondo problema è direttamente legato alla rappresentanza nell’era dell’audience. La quale non passa quasi più per partiti organizzati ma attraverso la Rete e il digitale o il televisivo, e che costruisce in questo modo il soggetto collettivo: il popolo della Lega è quello che il suo leader incorpora, quello al quale lui dà parole e faccia. Non esiste molto probabilmente nessuno che empiricamente corrisponda a quella rappresentazione, ma può cominciare ad esistere per effetto di questo assoluto tam-tam propagandistico – le parole creano le cose, appunto. E le Sardine si sono divincolate da questa morsa rappresentativa e hanno mostrato che la rappresentanza è una cosa seria, alla quale deve seguire un qualche riscontro da parte dei rappresentati e del pubblico.

La rappresentanza populista costruita sul dualismo “amico”/“nemico” dipinge un mondo nel quale chi sta dalla parte sbagliata è rappresentato come “non vero italiano”. E le Sardine hanno portato in superficie quegli italiani bollati, denigrati e offesi come “zecche di sinistra” solo perché non solo leghisti. Cittadini dignitosi che non hanno ambizioni di panpolitica, ma vogliono rispetto e soprattutto vogliono la parola, quando serve che abbiano la parola. Per esprimere in maniera piana e serena che l’ubriacatura quotidiana di false e mezze verità e di umiliazione dell’avversario ha un limite, che la corda – appunto come si legge nel Manifesto delle 6000 Sardine – se tirata troppo si spezza.

A chi teme che le Sardine immettano il bacillo della politica “contro” occorrerebbe far presente che loro, semmai, sono nate in reazione a questo bacillo che da anni ammorba la politica. Fermarsi a ponderare sull’uso del linguaggio per atterrare l’avversario non per costruire la dialettica politica; sulla manipolazione della rappresentanza che decreta chi è “vero” popolo; sulla spersonalizzazione della cittadinanza trasformata in audience: questo le Sardine ci invitano a fare. E non è poco nel tempo del roboante populismo. (Nadia Urbinati, accademica, politologa e giornalista, www.libertaegiustizia.it).

Oltre alla mobilitazione in programma sull’isola della Maddalena, sabato 30 novembre, le Sardine sarde in movimento preparano una grande manifestazione a Cagliari; la prima a carattere regionale per il movimento nato a Bologna. L’appuntamento, con lo slogan “Usciamo dalla rete: Cagliari si sLega”, per sabato 7 dicembre, in piazza Garibaldi, alle 19-19,30. Obiettivo: arrivare a circa seimila persone in piazza. Gli eventi della Maddalena e di Cagliari sono stati inserito nel calendario delle mobilitazioni nazionali consultabili sulla pagina Fb: https://www.facebook.com/pg/6000sardine/events/. “Non è la paura di un pericolo imminente che ci porta in piazza a stare stretti come sardine. È la necessità di ritrovarci per riconoscerci nei valori della pace, dell’ambiente, dell’accoglienza, della solidarietà, dei diritti, della libertà e della giustizia sociale – hanno spiegato in un post -. Usciamo dalla rete! Ci vediamo con tante sardine con cui colorare la marea nera che attraversa l’Italia e la Sardegna”.

Più di 80 persone hanno preso parte all’incontro regionale sulla privacy, che si è svolto nel centro di spiritualità “N.S. del Rimedio”. L’evento, voluto dalla Conferenza episcopale sarda, ha permesso di affrontare il tema della protezione dei dati personali, alla luce della nuova normativa canonica sulla riservatezza, promulgata con decreto generale della Cei. Dopo i saluti dell’arcivescovo Gian Franco Saba, delegato per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale sarda, il tema è stato introdotto dall’avvocato Gianni Pireddu, moderatore dell’incontro. Il primo relatore a prendere la parola è stato Carlo Acquaviva, avvocato, collaboratore dell’Ufficio nazionale per i problemi giuridici della Conferenza episcopale italiana. Acquaviva si è soffermato sul concetto di dato personale, che deve essere considerato un bene, al pari di un oggetto prezioso, e quindi meritevole di tutela e protezione. L’avvocato ha anche rimarcato il fatto che occorre adottare sempre il cosiddetto criterio di ragionevolezza, sia nella trattazione, sia nella protezione, per evitare di esporre la Chiesa a un eccesso di burocrazia. Daniela Scano, responsabile delle pagine di cronaca della redazione centrale del quotidiano La Nuova Sardegna, ha raccontato le tante esperienze legate alla tutela della dignità nei casi di cronaca. “Perché – ha spiegato Scano – malgrado si rispettino le regole, il rischio di violare comunque la dignità personale è sempre dietro l’angolo, in particolare quando i casi di cronaca riguardano bambini, donne, vittime in generale, o suicidi”. Una particolarità dell’incontro sono stati i laboratori tematici, che hanno permesso ai partecipanti di riflettere sull’applicazione delle norme legate alla privacy in alcuni ambiti specifici: i sacramenti, gli annuari e la cancelleria, il web. Dopo la fase dei laboratori, le conclusioni della conferenza sono state affidate al giornalista Michele Spanu, incaricato regionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale sarda. Il prossimo passaggio operativo, come è stato chiarito durante le conclusioni, è quello di fare in modo che le singole diocesi possano avviare analoghi processi di formazione e informazione per tutti i soggetti che sono coinvolti in questo settore, come parroci e responsabili di associazioni. Il filmato dell’incontro, realizzato grazie alla redazione del settimanale diocesano “Libertà”, sarà disponibile tra pochi giorni sul sito sardegna.chiesacattolica.it.

Antonio Angelo Porcu, 64 anni, di Carbonia, è il nuovo direttore regionale dei Vigili del fuoco della Sardegna. Laureato in ingegneria elettronica, Porcu provienie da L’Aquila, dove ricopriva l’incarico di direttore regionale dell’Abruzzo. Il nuovo direttore regionale sostituisce Massimiliano Gaddini, che ha lasciato l’incarico lo scorso 1° ottobre. Antonio Angelo Porcu è il primo sardo a ricoprire questo ruolo, dopo aver ricoperto numerosi incarichi a livello nazionale. Porcu ha iniziato la sua carriera come funzionario del Comando Vigili del Fuoco di Cagliari, dove è stato anche comandante provinciale. Successivamente è stato comandante di Caserta, Nuoro, Sassari, e ha svolto anche vari incarichi a livello centrale: dirigente dell’Ufficio centrale dei Servizi informatici, dell’Ufficio centrale per il Servizio antincendio boschivo, e, nel periodo del terremoto dell’Italia Centrale del 2016, vicedirettore centrale per l’emergenza a Roma. Nel 2017 gli è stato affidato l’incarico di dirigente dell’Ufficio del Capo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, sempre a Roma, e da agosto 2018 ha ricoperto, come detto, l’incarico direttore regionale dell’Abruzzo.

 Il maltempo ha imperversato anche in provincia di Oristano. Tra i tanti interventi effettuati a Cuglieri, Santa Caterina, Baratili, Narbolia, Milis, Abbasanta, Ruinas, i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Oristano sono dovuti intervenire pure nel comune di Santu Lussurgiu, con la Squadra di soccorso di Abbasanta, per ripristinare le condizioni di sicurezza sulla strada provinciale Bonarcado – Santu Lussurgiu, per l’esondazione di un torrente. Sul posto, oltre ai Vigili c’era anche un mezzo del Comune di Santu Lussurgiu.

E’ stata invece riaperta al traffico la strada provinciale Ula Tirso – Ghilarza, che era stata chiusa nelle prime ore del mattino per la caduta di un masso, di circa quattro metri cubi, da un costone roccioso. Per fortuna, al momento del crollo, quel tratto di strada all’ingresso del paese era deserto. La caduta del masso è avvenuta a causa a delle abbondanti piogge di questi giorni. Per liberare la strada, la Provincia ha fatto intervenire degli operai che con un martello demolitore azionato da un escavatore hanno frantumato il masso. Gli operai hanno poi fatto cadere dal costone altri massi a rischio crollo e bonificato la zona.

Il sindaco di Oristano, Andrea Lutzu, ha disposto la chiusura del ponte sommergibile di Silì. La misura è stata adottata a causa del rilascio programmato di acqua dalla diga sul Tirso che potrebbe provocare allagamenti in golena. Il Comune raccomanda la massima prudenza.

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