Nov 01

Il premier Giorgia Meloni nel passaggio dal comizio al governo: in tilt.

“Francamente avremmo dovuto prevederlo: Giorgia Meloni, come Matteo Salvini, come Silvio Berlusconi (prima che gli anni e la vita non lo trasformassero nella patetica caricatura di un caimano impagliato), sono tutti animali da campagna elettorale.

Tipi che danno il meglio di sé nell’intercettare consensi, perseguiti con la sensibilità del grande imbonitore. Ma per nulla a proprio agio nel momento in cui si deve passare dal comizio alla gestione delle complessità digoverno.

Forse anche da questo nasce la palese ammirazione della puffetta mannara per l’algido banchiere Mario Draghi, il Migliore dei Migliori, che ha saputo conquistarsi il plauso di Confindustria e dei quotidiani padronali quale luminoso esempio di eccellenza primo-ministeriale, non facendo assolutamente nulla che potesse ascriversi a risoluzione di qualsivoglia problema reale. Infatti, dato che ormai siamo sprofondati nel peggio della società dello spettacolo, il punto saliente non è più governare bensì emozionare, distrarre, proiettare immagine. Ricetta che la nuova premier applica “rigorosamente” (il discorso pubblico come la pasta De Cecco?) mettendo nella pentola palesi insulsaggini quali l’aggettivazione dei sostantivi di genere o l’abolizione delle mascherine negli ospedali; esibendo machisticamente i propri bicipiti caratteriali alla bella statuina Debora Serracchiani, che ne è palesemente sprovvista (secondo lo standard Pd).

Operazione mimetica che funziona al meglio in presenza di adeguate campagne mediatiche di adulazione: se il migliorismo draghiano aveva trovato la sua profetessa in Lilli Gruber, ora l’eccezionalismo meloniano incontra la propria cheerleader in Concita De Gregorio (la giornalista-birignao in estasi di fronte al discorso della corona a Palazzo Madama del/della neo-presidente il 25 ottobre scorso. Tanto da dedicarle un peana su Repubblica: “Una fuoriclasse. Lei è di destra. Certo, che ha fatto un discorso di destra. Impeccabile, tuttavia. Convinto, competente, appassionato, libero, sincero”). Sicché – a conti fatti – è abbastanza facile prevedere che con il cambio di maggioranza governativa continuerà l’andazzo della sepoltura dei problemi sotto una catasta di artifizi retorici. E poi – se le cose dovessero andare proprio male – si potrà sempre prendersela con Giuseppe Conte e i Cinquestelle.

Questo per quanto riguarda la politica nazionale e le sue prospettive (scoraggianti). Ma c’è anche l’aspetto generale della fenomenologia di Destra a partire dal secolo scorso. Se in precedenza era prevalentemente il partito della conservazione, con il compito di inseguire la Sinistra e boicottarne/incepparne i programmi di cambiamento; a partire dalla sconfitta dei Totalitarismi, la Destra internazionale e i suoi think tanks americani si sono specializzati nel mettere a fuoco strategie di conquista del potere. Soprattutto alla fine degli anni Settanta con il successo planetario del duo Reagan-Thatcher. Conquista del potere per fare che cosa? Semplicemente gratificare con importanti trasferimenti di ricchezza i propri sostenitori e smantellare le precedenti realizzazioni sociali; per mettere in crisi l’alleanza newdealistica-welfariana tra ceti medi – personale pubblico – partiti socialdemocratici; fondata – diceva Jürgen Habermas – sui “diritti sociali stecche del corsetto della cittadinanza”.

Per il resto, una totale assenza di capacità propositiva che risalta immediatamente nel calderone programmatico esposto da Giorgia Meloni. A partire dalla lampante contraddizione sottolineata domenica scorsa sul Fatto cartaceo da Fabrizio Barca: lo sbandierato ritorno alla centralità del Politico, a fronte di un programma NeoLib che presuppone la subalternità del Politico all’Economico (la tesi “non disturberemo chi vuol fare”. Anche inquinare o parcheggiare l’azienda in Olanda per evadere il Fisco?).

Per il resto, una sconcertante tiritera di luoghi comuni, che strizzano l’occhio alle varie componenti dell’aggregato sociale con cui Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni: il mito ottocentesco del mercato autoregolantesi e l’indegna equiparazione “reddito di cittadinanza – fancazzismo” per gratificare i padroncini del Nord; la promessa del “presidenzialismo dell’uomo della provvidenza al comando” come placebo per un ceto medio impaurito; il silenziamento dell’antifascismo costituzionale a blandizia delle ultime raffiche del mussolinismo.

Un tempo si diceva che la Sinistra leggeva solo libri di sinistra mentre la Destra non leggeva. A questi bastano solo i tweet dei propri assistenti per comparsate nei talk o sui social (vulgo, “la Bestia”)”. (Pierfranco Pellizzetti, saggista, da ilfattoquotidiano.it).

Rischia l’ennesima figuraccia Christian Solinas, il presidente della Regione che a un anno e tre mesi dalla fine della legislatura è più debole che mai. Il rimpasto della Giunta, promesso per la prima volta ad aprile del 2021, quando il Consiglio si apprestava a votare la legge 10 sui maxi staff, non solo è una partita ancora aperta, ma l’ipotesi più probabile è che si ridurrà a poche mosse. Un ‘formato mini’ scritto nelle liti aperte all’interno della maggioranza, a cui si aggiunge il fatto che neppure dentro il ‘suo’ Psd’Az il governatore può contare su un appoggio granitico. Solinas è come appeso tra sogno e realtà. Fosse per lui, toglierebbe la Sanità a Mario Nieddu per darla all’amico ortopedico, Carlo Doria, rimasto senza il giocattolino della politica dopo la mancata rielezione in Senato. Solo che per sfilare l’assessorato più pesante al Carroccio, Solinas dovrebbe quantomeno essere il governatore più amato d’Italia con un centrodestra che pende dalle sue labbra. Invece il presidente sardo è penultimo per gradimento a livello nazionale e gli alleati non gli danno più retta. Tanto che in Consiglio regionale passano ormai solo le leggi che vota pure il centrosinistra, tipo quella sul bullismo, mentre sono totalmente al palo i provvedimenti normativi che contano, come il Piano casa o la nuova maxi variazione di bilancio conosciuta come Omnibus 2. I rapporti tra Lega e Solinas sono pessimi. Col leader Matteo Salvini l’armonia è finita da tempo, idem con l’ex commissario Eugenio Zoffili. C’è poi Dario Giagoni, il neodeputato gallurese protagonista di un’ascesa politica che dal Consiglio regionale lo ha fatto atterrare a Montecitorio proprio grazie agli ottimi rapporti con Salvini e Zoffili. Giagoni non perde occasione per parlare male di Solinas a Roma e da responsabile del Carroccio nell’Isola sta vigilando per tutelare Nieddu, sebbene l’assessore alla Sanità non appartenga alla stessa corrente interna del parlamentare. In questo quadro, i margini di manovra che ha Solinas sono ridotti all’osso. L’unica strada che il governatore può percorrere è cominciare il rimpasto dalle caselle vuote, di cui lo stesso presidente ha l’interim: ovvero i Trasporti, lasciati dal dimissionario Giorgio Todde, e l’Ambiente, assessorato che si è liberato con l’elezione alla Camera di Gianni Lampis, quota Fdi. Ma pure su queste deleghe c’è tutta una serie di paletti da rispettare, limiti che obbligano Solinas a dover scegliere in accordo con gli alleati. Infatti: i Fratelli d’Italia, il partito del momento, la ‘casa’ della premier Giorgia Meloni, hanno nella Giunta regionale un solo assessorato e quindi anche nel caso in cui non riprendano più in mano l’Ambiente, devono avere obbligatoriamente una delega. Quanto ai Trasporti, la Lega lo rivendica da prima delle elezioni del 25 settembre per il capogruppo Pierluigi Saiu che, tuttavia, non sarebbe sicuro di volersi infilare nell’imbuto della Giunta regionale, percepita dai sardi come pessima. Si aggiunga che questi uffici devono gestire la difficilissima partita della Continuità territoriale, soprattutto quella aerea, dove le compagnie stanno imparando a fare cartello e alzano sempre di più la posta. Nel centrodestra ci sono due scuole di pensiero: una dà Doria nuovo assessore ai Trasporti, l’altra lascia anche questa casella in mano alla Lega. A quel punto per fare posto all’ortopedico di Sassari, Solinas sarebbe costretto a toccare una delle deleghe in mano al Psd’Az. E siccome c’è la quota di genere da rispettare, verrebbe fatto fuori il titolare dell’Urbanistica, Quirico Sanna, non Gabriella Murgia, l’ex Pd del Psd’Az che è il 10 per cento di quel 40 di rappresentanza femminile obbligatorio per legge. Fuori dal perimetro Lega-Quattro Mori, Solinas può intervenire sull’Industria, in mano ad Anita Pili, assessora di Sardegna 20venti. Su questo fronte, il governatore può giocare sul fatto che il partito fondato da Stefano Tunis abbia un posto nell’Esecutivo a fronte di un solo scranno in Consiglio, occupato dallo stesso Tunis. Ma neppure intervenendo sull’Industria Solinas potrebbe soddisfare gli appetiti di piazzare Doria, visto che di mezzo c’è sempre la quota di genere da rispettare. È evidente che tra liti e barriere normative, per Solinas si profila l’ennesima figuraccia con un rimpasto in formato mini. Non solo: in media un assessore impiega un anno a capire come funziona la macchina amministrativa. Fare nuovi ingaggi, si ragiona nel centrodestra, equivale a ripartire da zero, quando invece il centrodestra avrebbe bisogno di accelerare. Anche per questo il rimpasto non è una passeggiata. Nel mezzo c’è la farsa degli Stati generali del centrodestra, rilanciati da Solinas prima delle Politiche del 25 settembre e usati dal governatore per ritardare il cambio degli assessori. Poi è successo che nel convento di Bultei, scelto per celebrare il confronto, non ci sarebbe stato posto per i sindaci. Ecco allora la decisione di Solinas di rimangiarsi tutto, nel giro di un mese, e non considerare più indispensabile il summit di coalizione. Si capisce anche da qui quanto pasticciate siano le mosse del governatore, sempre più alla deriva insieme agli alleati. Sul resto Solinas deve andare coi piedi di piombo. (Alessandra Carta, sardiniapost.it).

Nelle ultime 24 ore, a Oristano, si sono registrati 10 nuovi contagi e nessuna guarigione dal Covid.
Il totale dei casi rilevati fino a questo momento in città sale a 11.465, i pazienti guariti sono 11.250, i casi attualmente positivi 144, e i decessi 64.,
In Sardegna i nuovi casi confermati di positività al Covid sono 690 (di cui 673 diagnosticati con tampone antigenico). Sono stati processati in totale, fra molecolari e antigenici, 3545 tamponi.
I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 9 (come ieri), quelli ricoverati in area medica 87 (come ieri), mentre sono 8.490 sono i casi di isolamento domiciliare (+232).
Non si registrano decessi.

I Vigili del fuoco sono dovuti intervenire, attorno alle 3 di questa notte, in via dei Martiri per la Libertà, ad Abbasanta, per l’incendio di un’auto, le cui cause sono in fase di accertamento. I pompieri hanno spento le fiamme e messo in sicurezza la zona. Sul posto si sono recati anche i Carabinieri di Ghilarza.

Grosso successo per Nuracque, l’evento tenutosi a Nurachi nel fine settimana. C’è chi ha creato con le proprie mani delle opere d’arte con la terra cruda, chi ha scoperto la lavorazione dei mattoni con cui venivano costruite le case in ladrini, mentre numerosi visitatori hanno potuto conoscere i segreti della cucina tradizionale e seguire la lavorazione de sa fregua o la preparazione de sa merca. Vernaccia e muggini, erbe profumate, l’olio a km 0, e i dolci con is pabassinusu. A suggellare la tre giorni di Muracquesono stati i momenti legati all’enogastronomia, con la grande festa del pescato della laguna e le degustazioni nelle corti degli edifici storici, ma anche le visite delle scolaresche, importante momento culturale per trasmettere ai più piccoli le conoscenze legate al mondo delle lagune circostanti e del territorio in cui vivono. Escursioni lungo le vie del paese ma anche sull’acqua, in sup o in kayak, complice il bel tempo, grazie all’offerta culturale e sportiva di Nuracque apprezzata dai tantissimi visitatori provenienti da tutta la Sardegna, che hanno promosso la nuova forma di turismo esperenziale. “Anche quest’anno – ha detto Renzo Ponti sindaco di Nurachi – Nuracque ha centrato l’obiettivo prefissato, e cioè quello di porre all’attenzione della popolazione e degli addetti ai lavori, l’importanza di un turismo alternativo di impronta esperienziale, rispetto alla classica vacanza balneare. Le esperienze proposte, come sempre tutte a numero chiuso, sono state vendute per la quasi totalità, riscontrando la presenza tra i partecipanti di numerosi operatori turistici, che hanno voluto scoprire e studiare le esperienze proposte durante la tre giorni, in un territorio poco battuto dai grandi tour operator che organizzano viaggi in Sardegna. E invece, grazie alla collaborazione con un tour operator nazionale che ha realizzato un apposito pacchetto turistico, è stata riscontrata anche la presenza di alcuni visitatori della penisola. Ora stiamo lavorando per promuovere e offrire, durante tutto l’anno, le esperienze proposte ai visitatori e ai turisti e per programmare le prossime edizioni.”

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