Giu 23

Il territorio non dev’essere merce di scambio per il consenso politico di pochi. (di G.Valerio Sanna).

Dopo la bocciatura del progetto di Funtanazza di Renato Soru nella marina di Arbus, si è aperto nell’Isola un dibattito che si interseca con quello relativo alla proroga del Piano Casa e all’ennesimo attacco al PPR da parte della giunta sardoleghista di Christian Solinas. Sulla questione è intervenuto anche Gian Valerio Sanna, ex assessore all’Urbanistica nella giunta Soru e padre del PPR.

“Si è fatto in questi giorni tanto clamore sulla bocciatura del progetto di Funtanazza dell’ex governatore Soru da parte degli uffici regionali e tutto questo è avvenuto dentro il dibattito sulla proroga del Piano casa e di alcune norme urbanistiche e in contemporanea con alcuni pregevoli riflessioni giornalistiche di professionisti che stimo.

Alcuni amici hanno sollecitato una mia riflessione su questi fatti. Riflessioni che ho dismesso da un po’ di tempo, sia perché non mi pare sensato parlare al vento, sia perché la visione del territorio e del paesaggio da parte delle attuali classi dirigenti, è rientrata rapidamente nella logica antecedente la Convenzione Europea del Paesaggio e non in quella prospettica che si proponeva, e cioè di un territorio e di un paesaggio non più dipendenti e esclusivamente funzionali al benessere degli uomini o, meglio declinando, alle “utilità degli uomini”.

Lo faccio perché sono molto contrariato dalla insipienza dilagante che, anche di fronte alla tragedia del Covid-19, alle ragioni di stupidità umana e di irragionevole egoismo delle classi politiche, non pone un freno all’idea che il territorio debba essere oggetto sistematico di incuria, di degrado, dall’essere merce di scambio per il consenso politico di pochi contro l’interesse del futuro di molti.

Ho letto le parole di un giovane dirigente della destra che in questi giorni ammoniva “il PPR non è vangelo, dobbiamo cambiarlo”. Un giovane non più giovane in effetti, uno in contro tendenza rispetto alle nuove generazioni mondiali, sensibili all’idea di difendere il mondo in cui dovranno trovare ancora le proprie ragioni di vita. Un giovane che si è perso, evidentemente, nel vortice di un unico dogma della politica di oggi: fare, dire e operare per accaparrare il consenso, i voti. Il sistema regolatore delle scelte è diventato questo, il consenso.

A cosa serve la cultura, il sapere, il conoscere, lo studio, la meritocrazia? A nulla, e perciò la deriva di una visione settaria, razzista e violenta avanza libera dal condizionamento della conoscenza e dall’ingombro della generosità verso il prossimo nella lotta mai sopita contro le disuguaglianze.

Parlerò, dunque, di quello che è stata la materia che mi ha occupato per qualche anno e che è diventata la musa ispiratrice di una più complessa visione della storia, dell’umanità e dei doveri delle classi dirigenti, che ha conquistato la mia coscienza già dai tempi del PPR.

Parto con l’affermare che sono da anni che proclamo apertamente e mai ascoltato, che il PPR per la sua stessa dignità e funzione, ha bisogno di essere aggiornato e rilanciato in una chiave di contesti e di scenari che non sono più quelli di 12 anni fa. Bisogna farlo, tuttavia, con metodo e con una logica di merito che non è certo quella di accontentare gli insaziabili costruttori.

In ordine: il metodo. Cambiare il PPR della Sardegna, applicazione di una delega dello Stato alla Regione e, come tale, atto avente valenza Costituzionale perché applicazione e trasposizione dei doveri imposti dall’articolo 9 della Carta Costituzionale, deve essere fatto attraverso un confronto con lo Stato a cui appartengono quelle norme, secondo un criterio che non sia semplicemente togliere i vincoli dove mi danno fastidio, ma aprire un ragionamento su molti fattori di merito che possono essere facilmente condivisi e accettati. Non aver mai chiesto formalmente l’apertura di una tavolo di co-pianificazione con lo Stato sul PPR è il segno di una scarsa consapevolezza dei diritti e dei doveri che anche l’autonomia speciale ci impartisce. Poi sarà pure necessario che chi siederà a quel tavolo condivida con la Regione un percorso, ma in quelle sedi la prepotenza non vince e dunque chi non si attrezza di competenze ed autorevolezze non avrà vita facile.

Definito il metodo bisogna costruire il catalogo delle cose che dovranno essere oggetto delle modifiche. Un primo fatto ineludibile è spiegare che il PPR nasce in un contesto politico, istituzionale e sociale particolare, segnato da una cultura in cui il PUC era in Sardegna l’oggetto principale dello scambio politico, base di conflitti e di lotte fra chi amministrava e i pochi che volevano capitalizzare i propri profitti costruendo e costruendo, non importa secondo quale logica o necessità. In questo clima, negli ultimi decenni, su 840 mila case censite circa 220 erano vuote, ovvero registravano una occupazione media annua inferiore ai 15 giorni. Questo vuoto, frutto della politica del costruire senza ragione, ci ha regalato circa 55-60 milioni di metri cubi di cemento senza alcuna utilità, ma che hanno prodotto una devastazione gratuita e colposa del nostro territorio senza darci un briciolo di vantaggio. Il contesto di questo processo era una Sardegna in perenne e continuo calo demografico e un trend non equivalente del flusso turistico che quasi sempre non usufruiva di tali volumi, a beneficio di campeggi e delle strutture alberghiere quasi sempre mai piene. L’inurbamento della Sardegna negli ultimi trent’anni è stato caratterizzato dal rafforzamento della fascia costiera a scapito dell’interno, con squilibri anche ambientali nella sostenibilità dell’agro e del mare aggrediti dai contesti urbani con carichi e scarichi fuori dimensionamento che in estate subivano il gravame di una popolazione, nella migliore delle ipotesi, 10-15 volte superiore a quella che vi svernava abitualmente.

Questo quadro ci ha messo di fronte nel 2004 un esito di culture e di abitudini che andavano ripensate secondo una visione di lungo periodo, applicando per quanto possibile una definizione degasperiana mai smentita: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.”

Cambiare paradigma nell’uso e nel governo del territorio, avendo contemporaneamente contezza del valore unico e irripetibile del paesaggio della Sardegna quale bene indisponibile all’uso privatistico e selvaggio, ci ha posto di fronte alle nostre responsabilità di classe dirigente moderna che doveva prendere atto che la stessa comunità internazionale ci richiamava a pensare ed usare differentemente i beni di cui disponevamo.

Nasceva così un Piano che, attraverso le norme fredde che presiedevano il governo del territorio, introduceva anche un regime giuridico che aveva un compito ulteriore, quasi maieutico, cioè quello di aiutare rapidamente i sardi e i loro amministratori a cambiare approccio e comportamenti culturali nell’uso del territorio. Da qui una sua evidente rigidità che si spiegava solo con questo obiettivo, e cioè con quello di far percepire agli stessi amministratori locali il vantaggio della tutela rispetto agli svantaggi competitivi della devastazione sul lungo periodo.

A distanza di più di un decennio è necessario tirare una linea di valutazione sulla opportunità di mantenere queste rigidità, a fronte di una evidente evoluzione del sistema sociale e culturale, sicuramente più idoneo a gestire e autocontrollare i processi di trasformazione del territorio. Una ragione di una immotivata rigidità che ancora persiste è quella della incompletezza nella predisposizione dei PUC adeguati al PPR che, di fatto, pone il controllore regionale nella condizione di bloccare qualunque cosa e spesso senza una oggettiva ragione. Il PPR, può sembrare assurdo affermarlo, è nato per superare il controllo della Regione e rimettere ai Comuni, attraverso un PUC che si sia adeguato al PPR, l’esclusiva attuazione degli interventi e la loro autorizzazione. Il recepimento del PPR nei singoli PUC doveva rappresentare non tanto l’estensione su base locale delle rigidità e dei divieti ma, al contrario, l’interpretazione didascalica delle specificità che distinguono luogo da luogo generando ricchezza, e la capacità di intervenire sui luoghi e nel territorio valorizzando e resuscitando l’esistente decaduto o in disuso per restituirlo allo sviluppo, facendo sempre un bilancio fra necessario ed esistente in rapporto all’evoluzione demografica delle singole comunità, comprendendo e negoziando con lo Stato l’applicazione del diritto a non mandare nell’oblio la storia, il diritto allo sviluppo e al bello.

In questa lunga strada molto ha fatto in negativo la burocrazia regionale, senza che il PPR in se c’entrasse nulla, attraverso la cancellazione di un Ufficio del Piano che avrebbe dovuto evitare visioni oblique e particolaristiche nell’applicazione delle norme, e non formando professionalità specifiche, maggiormente dotate sul terreno dell’interpretazione e della modernizzazione delle visioni territoriali, al posto dei “vecchi scarponi” che, anche se giovani anagraficamente, obbediscono maggiormente al dettato di non decidere nulla per non rischiare mai qualcosa.

Una delle grandi colpe dei governi regionali che sono succeduti all’esperienza del governo Soru, di tutte le ispirazioni politiche, è quello di aver ripreso a ragionare, come nel passato, con metodo mercantile e con in più un intento quasi punitivo nei confronti di chi ha avuto il coraggio di cercare oltre gli ostacoli, la strada della modernità e del futuro.

Le vicende di oggi, perseguono ancora quell’intento punitivo, e se da un lato propugnano una liberalizzazione indifferenziata, dall’altro chiudono agli avversari, mettendo lo stop ad interventi che al contrario sono coerenti con il PPR, perché rilanciano strutture esistenti che proprio il PPR non intende mantenere allo stato di rudere ma che vuole ricollocare in un contesto antropico, già compromesso e improduttivo, in chiave attiva e produttiva. Quando offrivamo ai costruttori di tutta Italia la possibilità di trasformare le cave dismesse e i siti minerari in villaggi turistici e strutture recettive invece che intaccare l’intonso, facevamo esattamente lo stesso ragionamento.

Capisco che la rabbia del giovane dirigente non ha a supporto l’obiettivo della fatica di lavorare e del confrontarsi, di convincere e persuadere, ma ha la fretta e l’ansietà di accumulare, nel tempo più breve possibile, i voti sulle promesse e sulle aspettative di pochi, senza l’ingombro di analisi antropologiche, di un po’ di sociologia e di economia della competizione, che forse sono un po’ troppo per le classi dirigenti di questo tempo.

Il PPR non è solo un Piano, è di più, è il progetto di una visione moderna e futuristica della nostra terra, l’idea che l’uso e la tutela della Sardegna comporta coerenti e conseguenti visioni nei campi della tecnologia, della cultura, della sociologia e dell’economia.
Ecco, io sono uno di quelli che vuole cambiare il PPR, per esaltarne il valore, per darne il senso esatto nel tempo in cui viviamo, per capovolgere il concetto dei poteri locali rendendoli responsabili delle scelte e non subirle solamente. Sono uno che non ha paura neppure di questo tempo di decadenza pubblica e politica, perché ho avuto la fortuna di intravedere la luce di un possibile cambiamento. (Gian Valerio Sanna, ex assessore regionale Urbanistica nella giunta Soru).

Il consiglio comunale di Oristano è stato convocato per martedì 30 giugno e per giovedì 2 luglio, alle 18, per la discussione del seguente ordine del giorno: 1) Mozione consiglieri Sanna-Federico-Masia-Obinu-Riccio: “Lo sport cittadino e il supporto per la sua ripresa”. 2) Mozione Uras e Riccio: “Delibera giunta comunale n. 63 del 21 aprile relativa alla realizzazione della pista ciclabile”. 3) Mozione Cadau-Sanna-Obinu-Federico-Uras-Masia-Riccio: “Concessione locali pubblici per la promozione e il sostegno nuove attività professionali dei giovani residenti nel Comune di Oristano”. 4) Risposta a interrogazioni e interpellanze: A) Interpellanza Riccio-Federico-Masia-Sanna-Obinu-Cadau: “Azioni concrete sul tema del gioco d’azzardo e della ludopatia”. B) Interpellanza Sanna-Federico-Masia-Obinu-Riccio: “Imposta di soggiorno, impiego dei fondi e trasparenza”. C) Interrogazione Cadau: “Mancato pagamento associazione “papasuonaxme”. 5) Mozione Iatalese: “Approvazione regolamento per l’installazione dei Dehors”. 6) Mozione Federico-Obinu-Sanna-Riccio-Masia-Uras-Cadau: “Nuova struttura per il dormitorio di Oristano”. 7) Interpellanza Puddu-Pusceddu-Deriu-Muru: “Discese disabili inaccessibili in via Petri, 15 mesi di totale immobilismo”. 8) Mozione Riccio-Masia-Cadau-Obinu-Federico-Sanna: “Sostegno ai lavoratori della cultura”. 9) Istar (Istituto Storico Arborense) Approvazione Bilancio consuntivo anno 2019. 10) Istar (Istituto Storico Arborense). Approvazione Bilancio di previsione 2020/2022. 11) Ratifica deliberazione giunta n. 70 del 14 maggio, avente ad oggetto: “Variazione urgente con i poteri del consiglio al Bilancio di previsione 2020/2022 – Annualità 2020 e 2021…”. 12) Viabilità di accesso al centro intermodale passeggeri di Oristano. Approvazione progetto definitivo-esecutivo del 1° stralcio funzionale, approvazione vincolo preordinato all’esproprio e dichiarazione pubblica utilità. 13) Mozione Puddu-Deriu-Pusceddu: “Ripristino prestazioni sanitarie per i pazienti non Covid-19. Istituzione Commissione consiliare speciale”. 14) Mozione Sanna-Federico Obinu: “Acquisizione al patrimonio comunale dell’area di interesse storico-culturale ospitante una porzione delle mura medievali, posta tra la via Sant’Antonio e la via Diego Contini”. 15) Approvazione regolamento generale delle entrate tributarie e dei canoni Cinp e Cosap (Arrt. 52, DL 15 dicembre 1997, n. 446). Proposta al Consiglio.

Si terra giovedì 25 giugno, alle 18.30, nel giardino dell’Hospitalis Sancti Antoni, a Oristano, nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza, la premiazione del concorso “Case Fiorite”, organizzato dal Rotary Club in collaborazione con Rotaract, Lions e Soroptimist. La rassegna, ideata e coordinata Maura Falchi e Egle Spinardi, è giunta alla sua nona edizione. Il concorso ha come obiettivo quello di migliorare il decoro della città e abbellire le strade, attraverso la cura di giardini e balconi. Quest’anno il concorso è stato gestito online, con una notevole partecipazione dei concorrenti che hanno fotografato i propri spazi verdi e hanno inviato e postato le foto sulla pagina facebook del “Concorso Case Fiorite”. A valutare gli iscritti una giuria composta dai soci dei club organizzatori e da sostenitori dell’iniziativa che hanno decretato i vincitori. Giovedì sera saranno assegnati buoni acquisto del valore di 100, 75, e 50 euro ai primi classificati delle tre categorie classiche, e premi speciali per le nuove categorie. Dalla scorsa edizione, infatti, sono state inserite due nuove sezioni: una dedicata ai bambini e l’altra che premia la rosa più antica e più profumata dei giardini oristanesi.

Non si registrano nuovi casi di positività al Covid-19 in Sardegna. Nell’ultimo aggiornamento dell’Unità di crisi regionale si è provveduto alla revisione del numero totale dei casi rilevati, sulla base di una riscontrata duplicazione dei dati precedentemente inseriti. Sono quindi 1.360 i casi di positività complessivamente accertati in Sardegna dall’inizio dell’emergenza. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 77.129 test. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 7, nessuno in terapia intensiva, mentre 8 sono le persone in isolamento domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 1.193 pazienti guariti (+3 rispetto al precedente aggiornamento), più altri 20 guariti clinicamente. Resta invariato il numero delle vittime, 132 in tutto. Sul territorio, dei 1.360 casi positivi complessivamente accertati, 250 (-2) sono stati rilevati nella Città Metropolitana di Cagliari, 98 (-1) nel Sud Sardegna, 61 a Oristano, 78 (-2) a Nuoro, 873 (-4) a Sassari.

7 comments

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    • un cittadino oristanese on 24 giugno 2020 at 9:34
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    Questo è il genere di riflessioni cui vorremmo assistere, dettate dalla conoscenza approfondita di un tema ed orientate da valori profondi. Ne condivido ogni parola ed anche la sensazione di delusione nei confronti di quella classe politica che ha fallito al proprio compito di perseguire il bene comune. Faccio tuttavia un’osservazione. Quando ho letto il primo post/slogan dell’on. Mura, (nei successivi poi si è tradito) pur comprendendone le motivazioni propagandistiche, ho ritenuto interessante l’idea di riprendere in mano il percorso, interrottosi prematuramente, sul PPR. E’ vero che la scarsa lungimiranza di molti rischia di far naufragare il lavoro faticoso finora svolto, ma è necessario anche interrogarsi su come poter perseguire l’obiettivo con il livello culturale di cui si dispone non solo in ambito politico ma anche e soprattutto tra i nostri concittadini. Il numero di PUC adeguati al PPR è di poco superiore al 5%. Questo rivela la “medietà” di molte amministrazioni locali e riflette le aspettative di chi li ha votati, con una prevalenza del modello “locusta” su quello “formica”. Ma tant’è…A vela si chiama “bolinare” la tecnica che consente di arrivare ad un traguardo fissato controvento andando a zig-zag. Migliore è il mezzo di cui si dispone, più stretto è l’angolo e prima si raggiunge l’obiettivo. Forse oggi, la barca di cui disponiamo ci costringe ad allungare il percorso, ma è sempre preferibile che piantarsi controvento.
    PS. Sul Corriere del 23 Sabino Cassese individua, tra le varie cause della progressiva ignoranza della classe politica, la scomparsa del dibattito democratico che prima avveniva nelle sedi dei partiti. Sarebbe ora, Covid permettendo, di ripopolare i luoghi fisici della discussione.

    • Salvatore on 24 giugno 2020 at 13:05
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    D’accordissimo sia con Gianvalerio Sanna che con il “cittadino oristanese”. Sono scettico solo sulla sua ultima frase quando auspica di ripopolare fisicamente i luoghi della discussione. Dove, mi chiedo, considerato che i partiti non esistono più?

    • Livio on 24 giugno 2020 at 13:39
    • Rispondi

    Bravo Sanna. Fotografia esatta dell’attuale situazione politico-ambientale in Sardegna.

    • Enrico on 24 giugno 2020 at 14:41
    • Rispondi

    Complimenti! Ottima riflessione! Di politici del suo livello non c’è più traccia in Sardegna.

    • drastico on 24 giugno 2020 at 16:22
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    essere anni fuori dalla politica attiva non ha arrugginito il migliore assessore della giunta soru e a quei tempi uno dei politici più preparati in sardegna. purtroppo politici come gianvalerio sanna sono una razza ormai estinta.

    • Maurizio on 24 giugno 2020 at 17:58
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    Bravo!!! Commento più che esaustivo che alla Regione dovrebbero prendere ad esempio.

    • Giuseppe on 24 giugno 2020 at 21:05
    • Rispondi

    Non c’è niente da fare – valutata la classe politica di allora e quella attuale – Gianvalerio Sanna è stato, e per il momento rimane, il miglior Assessore regionale dell’Urbanistica in Sardegna. L’articolo riportato su questo blog è un arricchimento che tutti dovrebbero prendere in considerazione. Dubito però che a chi governa la Regione – come anche altri hanno osservato -, ottusi, supponenti e occupati come sono nelle loro grette spartizioni, di queste riflessioni importi poco o nulla.

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