Dic 19

Recupuro dei fanghi da depurazione, un po’ di buon senso.

In 24 ore, il preteso “disastro ambientale” denunciato dall’ex deputato Mauro Pili in quel di Magomadas, è stato segnalato una cinquantina di volte all’associazione ecologista “Gruppo di intervento giuridico onlus”, spesso con l’invio di video con appelli accorati e drammatici.

Il Grig ha tranquillizzato tutti, sostenendo che sulla questione del recupero dei fanghi da depurazione ci voglia un po’ di buon senso.

Ecco l’articolo:

“Che cos’è accaduto? Finalmente c’è una presa di coscienza dell’autentico disastro ambientale di Protoscuso? Finalmente i residenti iniziano a realizzare il reale disastro ambientale di Sarroch? Purtroppo no.

Si tratta di una denuncia pubblica, l’ennesima, da parte dell’on. Mauro Pili, già Presidente della Regione autonoma della Sardegna, deputato, consigliere regionale, sindaco di Iglesias. Ignoriamo se sia stata fatta un’eventuale denuncia alle autorità competenti.
L’oggetto della denuncia, corredata da un video, è un carico di rifiuti, molto probabilmente fanghi da depurazione, provenienti – forse – da oltre Tirreno e destinati a un impianto non nominato, ma situato a Magomadas.

I toni sono da film impegnato di denuncia, alla Elio Petri, di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospett”o, ma ben pochi elementi concreti sono stati resi noti. Toni consueti, denunce più volte risultate non corrispondenti alla realtà, come per l’inesistente strage di Cavallini della Giara dell’autunno 2014.

Ecco, allora, alcuni aspetti da tenere in debita considerazione.

L’impianto di Magomadas dovrebbe essere quello della Geco srl di Tresnuraghes, autorizzato per operazioni di recupero fanghi da depurazione (R5) mediante comunicazione in procedura semplificata per una capacità di trattamento di 15 mila tonnellate annue, come risulta dal catasto nazionale dei rifiuti. In precedenza, con deliberazione della Giunta regionale n. 16/25 del28 marzo 2017, si era conclusa positivamente con prescrizioni la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (VIA) – che, tra l’altro, ha autorizzato il trattamento fino a “80.000 tonnellate per i fanghi da essiccare (circa 223 giornate lavorative all’anno)” – e, con la deliberazione della Giunta regionale n.33/25 del 26 giugno 2018 , sono stati autorizzati sia la “assegnazione della operazione di recupero R3 a due dei tre codici CER gestiti dall’impianto, in vece della operazione R5”, sia il subentro nella titolarità della Geco srl nell’esercizio del progetto di “Installazione di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi mediante essicazione e pirogassificazione”.

I fanghi da depurazione proverrebbero dalla Puglia. Gli abitanti di Magomadas protestano da tempo per il diffuso cattivo odore e gli insetti, mentre da mesi vengono svolti gli accertamenti e i controlli da parte di Carabinieri e Arpas e, finora, non sarebbe emerso nulla di irregolare.

Ora fioccano interrogazioni parlamentari, mozioni e interrogazioni consiliari, che chiedono il blocco del trattamento dei fanghi da depurazione provenienti da altre Regioni.

Quanto al supposto divieto di trattamento dei fanghi provenienti da altre Regioni, si deve ricordare che i “fanghi di depurazione” sono considerati “rifiuti” sul piano giuridico e un simile divieto può essere posto per i soli rifiuti urbani non pericolosi ( Corte Costituzionale n’10/09; Corte cost. n. 335/2001; Cons. Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2016, n. 993; Cass. pen., Sez. III, 11 luglio 2002).

D’altra parte vi sono altre aziende in Sardegna che svolgono la stessa attività di trattamento e recupero di rifiuti (complessivamente sono 118 in base al catasto nazionale rifiuti), così come vi sono rifiuti importati in Sardegna e rifiuti esportati dalla Sardegna ben più pericolosi: bel98.500 tonnellate di fumi di acciaieria destinati alla Portovesme s.r.l. (Portoscuso), quasi 20 mila tonnellate di terra contaminata e rifiuti esportate in Portogallo dal sito di bonifica ex Alumix di Portoscuso, circa 1.278 tonnellate di fanghi derivati da lavorazione di petrolio esportati in Germania dalla Sarlux srl di Sarroch nel 2017 (ultimi dati disponibili).

Curiosamente in questi casi non c’è stata nessuna denuncia pubblica, nessuna interrogazione o mozione di alcun genere.

Nel caso di specie, è bene attendere la conclusione degli accertamenti di Arpas, amministrazioni pubbliche e forze dell’ordine.  Con la dovuta attenzione, ma senza allarmismi né caccia alle streghe”. (Gruppo d’Intervento Giuridico onlus).

Era una costante inevitabile ogni periodo di forti precipitazioni: acqua non potabile nei Comuni serviti esclusivamente dalle sorgenti di Bau Nou e Santu Miali, intorbidite dalle piogge. Quest’anno, grazie all’attivazione del nuovo acquedotto di Oristano, la criticità ha trovato una soluzione. Appena le analisi hanno segnato l’aumento della torbidità, i tecnici di Abbanoa hanno proceduto ad attivare i sistemi di manovra che hanno invertito la direzione dell’acqua tramite un sistema di sollevamento. Le operazioni sono in corso e potrebbero verificarsi temporanei cali di pressione. Di norma la risorsa idrica viene convogliata dalle sorgenti e inviata in direzione sud verso Oristano, alimentando anche Tramatza, Siamaggiore e Solarussa. Dopo le manovre eseguite, da ieri anche questi tre centri stanno ricevendo la risorsa idrica potabilizzata dall’impianto di Silì e pompata in direzione nord. Per quanto riguarda Oristano (comprese le frazioni di Torregrande, Donigala Fenughedu, Massama e Nuraxinieddu) è stata ugualmente scollegata l’alimentazione delle sorgenti e sostituita con quella del potabilizzatore, più alcune integrazioni da pozzi trivellati. L’impianto di Silì, tra l’altro, è interessato da un maxi investimento di 9 milioni di euro che ne potenzierà notevolmente la produzione. Nei periodi di scarsità di risorsa potrà essere rifornito anche dalla diga Cantoniera sul fiume Tirso. In questo modo ci sarà un sistema integrato di approvvigionamento che potrà contare su tre fonti distinte: sorgenti, pozzi e diga. Colonna portante di questo sistema è il nuovo acquedotto completato lo scorso maggio in tempi record: in meno di 24 mesi Abbanoa ha trovato le risorse economiche, avviati e conclusi la progettazione e l’iter delle innumerevoli autorizzazioni ma, soprattutto, ha terminato il cantiere in appena 100 giorni. I risultati sono stati oltre le aspettative, anche in termini di abbattimento delle perdite: degli appena 30 litri al secondo di portata che aveva la vecchia condotta, il nuovo acquedotto arriva a circa 80 litri al secondo. Una preziosa risorsa in più per i centri serviti. Addio, quindi, al vecchio acquedotto colabrodo che era stato realizzato nel ’71, in cemento amianto, e ormai da anni mostrava tutta la sua inadeguatezza e vetustà. Non si contano più, infatti, gli interventi di riparazione che le squadre di Abbanoa hanno effettuato per garantire il servizio, con un tasso di dispersione tra il 35 e 40 per cento. Le nuove condotte sono state realizzate in ghisa sferoidale, materiale più resistente che garantisce una migliore tenuta.

Lascia un commento

Your email address will not be published.