Dic 08

La vera rivoluzione pacifica è la piena attuazione della Costituzione.

Care “sardine”, sto seguendo le vostre iniziative, con l’attenzione dovuta a tutto ciò che si “muove” in questa società, troppo statica e troppo spesso legata ad antiche prassi ed abitudini.

Non ho nulla da suggerirvi e da proporvi, non solo perché non ne avete bisogno, ma perché sarebbe sbagliato. Ognuno ha il diritto – dovere di prendere in mano il proprio destino, così come molti di noi hanno fatto con la scelta partigiana nell’ormai lontano autunno del 1943. Gli sbocchi sono sempre incerti ed indefinibili a priori e nessuno ha il diritto di interferire, ferma restando la speranza che ne esca qualcosa di positivo per il complesso della vita politica e sociale italiana, così insoddisfacente per molti di noi (e di voi, credo).

Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.

Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.

Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive. Ma sono anche convinto che l’intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d’uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.

Ma c’è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. È pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l’effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all’ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).

La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.

È un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo. Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.

Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.

Cari saluti e molti auguri, Carlo Smuraglia (presidente emerito dell’Anpi, Associazione nazionale partigiani italiani, www.libertaegiustizia.it).

“(Pubblicato il 6 dicembre a p. 41 dell’Unione Sarda) La risposta data ieri dal Procuratore della Repubblica di Oristano («Non ho tempo») alle domande dell’Unione Sarda, che hanno preso spunto da un mio intervento, merita un breve commento. E’ vero: un procuratore non dovrebbe avere tempo per il dibattito pubblico. Egli agisce e parla in giudizio.Peccato che sia stato lo stesso Procuratore a scegliere di rivolgersi all’opinione pubblica con una clamorosa conferenza stampa il 3 ottobre scorso rispetto a sue specifiche indagini. È curioso non avere tempo per le domande pubbliche e averlo trovato per le accuse pubbliche. Il tema generale, però, al di là delle scelte individuali, è quello del rapporto tra giustizia e informazione. Non è materia non regolata, anzi. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha varato l’11 luglio del 2018 le sue Linee-guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale cui tutte le Procure dovrebbero attenersi. Vi si legge che le conferenze stampa devono svolgersi in modo che sia «assicurato il rispetto della presunzione di non colpevolezza; va dunque evitata, tanto più quando i fatti sono di particolare complessità o la loro ricostruzione è affidata ad un ragionamento indiziario, ogni rappresentazione delle indagini idonea a determinare nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate». Può onestamente affermare il Procuratore di Oristano che la sua comunicazione pubblica non abbia determinato nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate? Si può obiettare che l’ordinamento consente a chi ritenga che quanto disposto dal CSM sia stato violato di rivolgersi al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, ma cosa può fare una persona normale quando pressoché tutti gli avvocati sconsigliano di farlo per evitare di dare la sensazione che si voglia intralciare le indagini e venire così arrestati? Occorre dunque aspettare, subire la gogna, mettere da parte le carte per le future cause per danni, ma nel frattempo subire. Ecco, il tempo: che fare quando si rileva che l’ordinanza di custodia cautelare illustrata in conferenza stampa mostra che le indagini sono cominciate tra dicembre 2016 e gennaio 2017 (pagine 10 e 14 dell’Ordinanza) e tre anni dopo hanno determinato degli arresti? Quanto si immagina che dureranno le indagini preliminari, che già hanno accumulato tre anni? Altri due? E dunque, ciò che viene platealmente affermato è il tempo infinito dell’accusa, pubblica, e il tempo procrastinato e compresso della difesa, in giudizio. C’è chi di fronte a tutto questo tace per paura. Tanti, tantissimi. Chi invece combatte. Trovi il tempo, il Procuratore, se non per parlare, per rifletterci”. (Paolo Maninchedda, www.sardegnaeliberta.it).

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