Ott 11

L’ombra della mafia per lo smaltimento dei rifiuti nel Centro Sardagna? Silenzio su Capo Frasca.

Il loro intento era quello di far fuori le ditte concorrenti nelle gare d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti.

Così, tra il 2010 e il 2015, avrebbero incendiato una decina di auto-compattatori in vari paesi del centro Sardegna, per “bruciare” la concorrenza. Per questo motivo, dodici persone sono state rinviate a giudizio per il 24 gennaio 2020, cinque di loro che sono accusate di associazione a delinquere di matrice mafiosa. La Direzione distrettuale antimafia ha ipotizzato, a vario titolo, anche i reati di minacce, danneggiamenti, incendi e turbativa d’asta.

A capo del sodalizio “di tipo mafioso”, secondo il Pm della Dda, Alessandro Pili, c’era Giovanni Maria Firinu, 60 anni, di Santu Lussurgiu, dipendente della Nuova Ecoservice, specializzata nello smaltimento di rifiuti, finito in carcere nell’aprile del 2017 su ordine del Gip e poi scarcerato. Con lui anche la moglie, Francesca Piras, amministratrice della stessa ditta, e la direttrice Franca Pani. Poi Massimo Settefonti, 48 anni, di Santu Lussurgiu, e Basilio Angioi, di 50 anni.

Secondo il sostituto procuratore, Alessandro Pili, tutto sarebbe iniziato a Tonara nel 2010 con l’incendio di alcuni auto-compattatori della ditta di smaltimento rifiuti Redento Poddie. Da quel momento in poi, per 5 anni, secondo gli inquirenti c’è stata un’escalation di attentanti in molti paesi del centro Sardegna, Paulitatino, Santu Lussurgiu, Torpè e Buddusò.

Ora, dopo che il Gup Roberto Cau ha rinviato a giudizio i 12 indagati, il processo davanti al collegio penale, presieduto dal giudice Giovanni Massidda, stabilirà se dietro quegli attentati c’era l’ombra della mafia.

“C’è uno strano silenzio intorno alla manifestazione contro le basi militari in Sardegna prevista domani, 12 ottobre, a Capo Frasca.
Tacciono sostanzialmente i quotidiani che, a differenza di quanto fatto quattro anni fa in occasione della precedente protesta, nemmeno hanno valorizzato il manifesto degli intellettuali sottoscritto da alcuni dei loro più autorevoli editorialisti, o relegano ipocritamente nelle pagine interne la conferenza stampa di presentazione della manifestazione.
Tace l’opinione pubblica, incapace da tempo di sussulti veri anche davanti all’iniziativa della procura di Cagliari che contesta a diversi militanti non solo i tradizionali capi d’accusa di resistenza, lesioni, partecipazione a manifestazione non autorizzata e imbrattamento, ma perfino quelli di “terrorismo” e (udite udite) di “eversione all’ordine democratico”. Accuse da togliere il fiato e sulle quali la Sardegna veramente democratica avrebbe dovuto aprire un dibattito. Ma così non è stato.
Tace la cultura davanti a un film, “Balentes” che, dopo essere stato proiettato in Australia e negli Stati Uniti e in diversi film festival internazionali, da qualche settimana gira (a fatica) per i cinema sardi e che racconta in maniera originale le conseguenze delle servitù militari attraverso lo sguardo di una regista sardo-australiana (Lisa Camillo), tornata in Sardegna per raccontare l’epopea della Costa Smeralda e che invece ha deciso di parlare di Teulada e Perdasdefogu. Dopo l’uscita del film, avete letto recensioni? Articoli? Interviste? Io no.
E poi tace chiaramente la politica.
I risibili risultati raggiunti dalla giunta Pigliaru sono manna dal cielo per la giunta Solinas, che ora non dovrà fare altro che proseguire nelle strada portata avanti per cinque anni dal centrosinistra: molte parole, pochi fatti, tante dichiarazioni e nessuna azione concreta né sul fronte delle bonifiche, né su quello della riduzione del danno alla salute dei militari, né tantomeno su quello della riduzione delle superfici occupate dai militari.
Di servitù militari è meglio non parlare: e infatti pochi tra coloro che hanno potere lo fanno.
Anche i nostri parlamentari sembrano afoni. Nella passata legislatura Gian Piero Scanu del Pd e Roberto Cotti dei Cinquestelle tenevano alta l’attenzione sulla necessità di affrontare con piglio nuovo questo vecchio problema della Sardegna. Adesso che i loro partiti sono a governo, la situazione appare tristemente normalizzata.
Insieme a Salvatore Deidda di Fratelli d’Italia, della commissione Difesa alla Camera fanno parte Andrea Frailis del Pd e Manuela Corda del M5S: cosa pensano i nostri onorevoli di maggioranza dei problemi sollevati dalle oltre quaranta associazioni che hanno promosso la manifestazione di sabato?
E cosa pensa della questione l’ennesimo sottosegretario alla Difesa sardo, Giulio Calvisi?
Da politici sardi che sostengono questo governo, Frailis, Corda e Calvisi possono fare tanto: vogliono assumersi pubblicamente un impegno?
E i consiglieri regionali? Non hanno niente da dire? E il sindaco di Cagliari, città ancora soffocata da una presenza militare perfino ridicola in alcune sue manifestazioni di smaccato privilegio (gli innumerevoli stabilimenti balneari al Poetto, il campo sportivo Rossi chiuso ai civili)?
Nessuno di costoro parla. Ma che almeno non si dica che non abbiamo posto le domande”. (Vito Biolcini, www.sardegnaeliberta.it).

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