Feb 01

Grig: “O il metano sostituisce altre fonti fossili più inquinanti oppure è dannoso”.

E’ vero, come diceva una vecchia pubblicità, che “il metano ti dà una mano”? Secondo l’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico (Grig) non è proprio così.

E sul metano nell’Isola il Grig ha pubblicato un articolo, dal titolo “Il metano in Sardegna arriverebbe fin troppo tardi”, che vi proponiamo:

“La Sardegna è l’unica regione italiana priva di rete di distribuzione del gas naturale e, senza dubbio, nel corso dei decenni è stato un forte elemento negativo sotto il profilo economico-sociale.

Da nessun gasdotto, tramontata fortunatamente l’ipotesi di derivazione dal progetto di gasdotto Galsi, ora in campo vi sono ben quattro progetti di gasdotto per l’Isola. Che cosa sta accadendo?

A livello europeo è noto come “salami slicing”, cioè la furbesca divisione di un unico progetto per attenuarne il previsto impatto ambientale. E’ una prassi vietata, anche secondo la costante giurisprudenza comunitaria e nazionale.

Ed è quello che sta accadendo in Sardegna, in relazione ai progetti della Società Gasdotti Italia s.p.a. e Snam Rete Gas s.p.a., per la realizzazione della dorsale di trasporto del gas naturale (metano) e delle relative derivazioni.

Le due società hanno furbescamente presentato istanza per avviare i rispettivi procedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) prima per il tronco centro-meridionale dell’Isola (Città metropolitana di Cagliari e Province del Sud Sardegna e di Oristano), poi per il tronco centro-settentrionale (Province di Sassari e di Nuoro).

Prima i procedimenti di V.I.A. erano di competenza regionale, poi, in seguito al decreto legislativo n.104/2017, sono divenuti di competenza nazionale, quindi sono stati riassunti presso il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare. Sarebbe, inoltre, necessario valutare gli impatti cumulativi dei due diversi progetti, di fatto alternativi, nonostante gli annunci di accordi finora non formalizzati fra le società energetiche interessate. In caso diverso, la Sardegna passerebbe da nessuna rete metanifera a ben due reti metanifere concorrenziali.

Non solo. Nella zona baricentrica di Oristano–Santa Giusta sono stati autorizzati tre depositi costieri (IVI Petrolifera, Higas, Edison), per uno stoccaggio complessivo pari a 28 mila metri cubi: anch’essi avrebbero dovuto esser sottoposti a una valutazione degli impatti ambientali cumulativi, non svolta.

La stima del consumo annuo di gas naturale in Sardegna effettuata dalla Snam è pari a 722 milioni di metri cubi. Emerge, quindi, come palesemente sovradimensionata la realizzazione dei cinque depositi costieri, progettati o già autorizzati (il solo deposito costiero del porto canale di Cagliari ne movimenterebbe 720 milioni di metri cubi all’anno).

Il disegno è quello di far diventare la Sardegna una piattaforma di stoccaggio energetico? Sembrerebbe di sì.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inviato sistematicamente (2017-2018) puntuali atti di intervento nei quattro procedimenti di V.I.A. relativi ai rispettivi
progetti di gasdotto e per i depositi costieri oristanesi al Servizio valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente, chiedendone la dichiarazione di improcedibilità per la mancata valutazione integrale e cumulativa degli impatti ambientali.

Il gas naturale è una fonte di energia di origine fossile, come il carbone e il petrolio, il cui utilizzo comporta l’emissione di gas serra e di altri inquinanti atmosferici, però in misura sensibilmente inferiore rispetto agli altri combustibili fossili. Infatti, a parità di energia prodotta, la combustione del gas naturale emette circa il 75% dell’anidride carbonica (CO2) prodotta dall’olio combustibile, e circa il 50% di quella prodotta dal carbone.

Nell’attuale fase di transizione dal presente sistema energetico mondiale imperniato sulle fonti fossili al futuro sistema basato sulle fonti rinnovabili, il gas naturale rappresenta certo un’utile soluzione temporanea. In tal senso, in linea teorica l’impiego del gas naturale, in sostituzione di altre fonti fossili come derivati petroliferi e carbone, appare senza dubbio auspicabile.

Attualmente (dati piano energetico ambientale regionale) in Sardegna abbiamo i seguenti dati relativi alle fonti di produzione energetica: 78% termoelettrica, 11% eolica, 5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1% idroelettrico. Fonte termoelettrica: 42% carbone; 49% derivati dal petrolio; 9% biomasse. L’utilizzo del gas naturale sarebbe conveniente sul piano ambientale ed economico, qualora integralmente sostitutivo del carbone e dei derivati dal petrolio.

Tuttavia, oltre il 46% dell’energia prodotta “non serve” all’Isola e viene esportato, quando possibile, vista la limitata capacità dei due sistemi di trasporto dell’energia (cavidotti Sapei e Sacoi), complessivamente 1.400 MW.

Quindi, o il metano sostituisce altre fonti fossili più inquinanti (petrolio e derivati, carbone) oppure è semplicemente dannoso.

Soprattutto, il metano arriverebbe fin troppo tardi in Sardegna, non prima del 2025, quando ormai le fonti rinnovabili saranno oggettivamente il pane quotidiano della produzione energetica.

In qualche misura l’ha capito anche la Regione autonoma della Sardegna, che, con la deliberazione della Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2019 (linee guida per l’autorizzazione unica per gli impianti produttori di energia da fonte rinnovabile. art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e s.m.i.), ha aumentato al 35% la superficie delle zone industriali destinabile a impianti eolici e solari fotovoltaici/termodinamici.

Ma è l’intera politica industriale regionale a esser coinvolta, visto che sono le grandi industrie energivore il primo (di gran lunga) consumatore di energia della Sardegna…

Se la Sardegna abbandonasse una volta per tutte gli incubi industriali da obsoleto kombinat sovietico, ne avremmo vantaggi ambientali, sanitari ed energetici per tutti, compresi quei 200 operai che da nove anni battono i caschetti per terra, i quali potrebbero tornare finalmente a lavorare senza avvelenare i propri figli. Di altri scempi ambientali non se ne sente proprio il bisogno”. (Stefano Deliperi, Associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, gruppodinterventogiuridicoweb.com).

Si celebra anche in Sardegna la “Giornata Mondiale delle zone Umide”. Al centro del calendario di eventi previsto per il fine settimana in diverse zone dell’Isola, e promosso dalla Fondazione Medsea, con la collaborazione di varie amministrazioni comunali, enti e associazioni, c’è il territorio del Golfo di Oristano e della Penisola del Sinis. Si tratta di 200 km di costa che vanno da Capo Mannu sino all’area lagunare di Marceddì: 7.705 ettari di zone umide Ramsar di importanza internazionale, che rappresentano il 60% dell’intero patrimonio della Sardegna. Cornice di riferimento della giornata è il progetto Maristanis per la definizione di un modello di gestione integrata delle zone umide dell’oristanese. In Italia sono 43 gli eventi ufficiali organizzati per il “World Wetlands Day”, dei quali 13 in Sardegna e ben otto nella zona di Oristano. Sabato 3 2 febbraio sono in calendario due momenti di confronto: a Oristano, al Lido Restaurant, dalle 10 alle 12.30, è in programma il seminario scientifico, promosso da Medsea, dal titolo “Quali priorità per la conservazione dell’avifauna nel territorio del progetto Maristanis?”, a cura della Lipu. E questo soprattutto perché alcune specie sono minacciate: l’allodola (Alauda arvensis), la tortora selvatica (Streptopelia turtur), il moriglione (Aythya ferina) e la pavoncella (Vanellus vanellus). Nel pomeriggio invece, a Terralba, nelle sale del Museo del Mare di Marceddì, dalle 15 alle 17.30, spazio al convegno “Le zone umide alleate dell’uomo nella lotta ai cambiamenti climatici”. Al termine del convegno, durante il quale verrà presentato anche il progetto Maristanis, è in programma, dalle 19 alle 20.30, sempre al Museo del Mare di Marceddì, il concerto “In te unde de Faber”, sulle rotte di Fabrizio De André da Carloforte a Genova passando per i Monti di Mola. Domenica 3 febbraio, alle 12, al Museo del Mare di Marceddì, premiazione dei vincitori del contest fotografico riservato agli studenti.

Una condanna e sette assoluzioni. E’ quanto deciso dai giudici del Tribunale di Oristano nel processo per i lavori per la diga foranea a Capu d’Aspu, a Bosa. Tra gli imputati anche l’ex sindaco della cittadina sul Temo, Piero Casula, assolto assieme al tecnico del comune Luciano Baldino e all’impiegata comunale Rita Motzo. Assolti anche i componenti la commissione di collaudo, gli ingegneri Piero Dau, Antonello Garau e Tonino Manca, e il direttore dei lavori Paolo Gaviano. Unico ad essere condannato, a un anno di reclusione, l’amministratore delegato della società che ha eseguito i lavori, il napoletano Salvatore Bisanti. Il Tribunale ha, quindi, sconfessato in toto la ricostruzione fatta del pubblico ministero, Armando Mammone, che al termine della sua requisitoria aveva chiesto l’assoluzione della Motzo e la condanna di tutti gli altri imputati, per alcuni dei quali anche a 4 e 5 anni. Il Pm aveva sostenuto che la ditta costruttrice aveva eseguito i lavori per la messa in sicurezza della foce del Temo (che doveva avvenire attraverso l’allargamento della foce utilizzando una diga foranea, scavando il fondale marino e demolendo un tratto di promontorio) in maniera non conforme per trarne un ingiusto guadagno e che gli altri imputati lo avessero avallato. Il Tribunale è stato, invece, di diverso avviso, condannando solo il Bisanti e assolvendo gli altri sette imputati.

La Squadra Mobile della Questura di Oristano ha eseguito un ordine di detenzione domiciliare, emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna, nei confronti di una persona di Taranto, residente a Oristano, che dovrà scontare 6 mesi per i reati di porto d’armi in luogo pubblico e lesioni aggravate. L’uomo, lo scorso aprile, dopo aver bevuto in abbondanza in un bar di Codigoro, in provincia di Ferrara, aveva accusato un altro avventore di avergli rubato il portafoglio. Poco dopo la mezzanotte, fuori dal bar, era nata una lite tra i due. Dopo essersi malmenati a vicenda, il tarantino aveva estratto un coltello, ferendo al petto il rivale, che se l’era cavata con 15 giorni di cure. L’uomo è stato oggi condotto presso la Questura di Oristano per l’espletamento delle formalità di rito e poi riaccompagnato a casa, da cui non potrà allontanarsi, salvo per situazioni eccezionali, per i prossimi sei mesi.

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