Nov 03

Al Comune di Oristano ordine del giorno della minoranza sul “4 Novembre”.

Una proposta di discussione sul valore e una corretta lettura storica della giornata commemorativa del 4 novembre è stata presentata, attraverso un ordine del giorno, dai consiglieri di minoranza del Comune di Oristano.

“Gli storici – si legge nella premessa dell’ordine del giorno sottoscritto da Andrea Riccio, Patrizia Cadau, Francesco Federico, Monica Masia, Maria Obinu, Vincenzo Pecoraro, Giuseppe Puddu, Efisio Sanna e Annamaria Uras – considerano la Prima guerra mondiale l’evento che chiuse l’Ottocento, perché sancì il fallimento delle politiche di potenza e dello scontro tra Stati europei che aveva caratterizzato l’ultima parte del XIX secolo, con l’Europa che uscì a pezzi dal conflitto. Allo stesso tempo avviò il Novecento, introducendo molti fattori distintivi del XX secolo: la guerra di massa, la guerra tecnologica, il sorgere del comunismo sovietico e della potenza statunitense.

La Prima guerra mondiale – si legge ancora nell’ordine del giorno – fu uno spartiacque anche per la Sardegna e portò definitivamente il popolo sardo a contatto con la modernità, inserendo i sardi nel flusso dei grandi cambiamenti dell’Occidente. L’Italia entrò in guerra nel maggio del 1915 e, nel giro di due o tre anni, man mano che le battaglie consumavano gli eserciti, vennero chiamati sotto le armi quasi tutti i sardi maschi in età militare. Decine di migliaia di giovani uomini, che non avevano mai abbandonato le proprie case e il proprio villaggio, attraversarono il mare, raggiunsero i confini nord-orientali dell’Italia e s’immersero in combattimenti spaventosi, contro nemici di cui non sapevano niente. Bastò questo a cambiare per sempre la loro mentalità e il loro modo di pensare.

Gli alti comandi dell’esercito italiano decisero di riunire i sardi in una formazione di guerra che comprendesse solo loro, e così nacque la Brigata Sassari, che raccoglieva il 151° e il 152° reggimento di fanteria. Si trattava di un’eccezione alle abitudini dell’esercito. Di solito, infatti, i reggimenti, i battaglioni e le divisioni, comprendevano soldati di tante provenienze diverse: il calabrese si mescolava al lombardo, il laziale al veneto, il siciliano all’emiliano. Combattendo insieme, gli italiani di regioni differenti imparavano a conoscersi. La Brigata Sassari era, invece, una formazione di tipo etnico, composta cioè da una sola etnia. I generali fecero questa scelta per due motivi. Erano convinti che, stando assieme, i sardi avrebbero combattuto con più ardore. In secondo luogo pensarono che così sarebbe stato più facile controllarli: non si fidavano di loro fino in fondo e per questo diedero alla Brigata Sassari ufficiali prevalentemente continentali.

I sardi si batterono con coraggio. Furono impiegati contro gli Austriaci soprattutto sull’Isonzo, sull’Altopiano di Asiago, sul Piave, e meritarono la menzione nei bollettini di guerra, da parte degli alti comandi, fin dal novembre 1915. Erano quasi tutti contadini e non comprendevano perché dovessero morire per conquistare terre tanto lontane dalla Sardegna. Gli orrori della guerra li convinsero presto che ciò che facevano era disumano, ma poche volte si rifiutarono di obbedire agli ufficiali e di andare all’attacco. Anzi, spesso, compirono atti di eroismo insoliti per le altre formazioni dell’esercito. Questo coraggio è testimoniato da cifre crudeli. La media dei morti in combattimento, tra gli italiani, si aggirò sui 104 soldati ogni 1.000. La media dei morti della Brigata Sassari fu sensibilmente superiore: 138 soldati caduti ogni 1.000.

La Prima guerra mondiale – si legge ancora nell’ordine del giorno dei consiglieri di minoranza – produsse sui sardi e sulla Sardegna conseguenze eccezionali. Ci furono dolorose conseguenze sociali. Al termine del conflitto, quasi ogni famiglia piangeva un morto, un mutilato, un ferito grave. L’enorme numero di partenze per il fronte e di caduti in combattimento portò a un calo fortissimo delle nascite: negli anni della guerra e in quelli successivi nacquero, infatti, molti meno bambini che in passato. Fu necessario parecchio tempo per risanare questa ferita e colmare il vuoto demografico che essa aveva causato. Ci furono anche serie conseguenze economiche. Il richiamo alle armi privò le campagne delle braccia più giovani e robuste. L’agricoltura registrò, perciò, un forte calo della produzione di beni alimentari. Ci furono dirompenti conseguenze culturali. I soldati tornarono a casa profondamente cambiati. Avevano visto posti lontani. Avevano conosciuto soldati di altre regioni d’Italia. Avevano sentito parlare per la prima volta di politica, economia, pace, diritti dei lavoratori. Per la prima volta, nel confronto con i continentali, si erano anche resi conto di essere sardi, un popolo tra i popoli, un popolo diverso dagli altri popoli. Tutto ciò modificò rapidamente le loro idee e i loro comportamenti.

Alla fine del 1917, dopo la sconfitta di Caporetto, il governo di Roma promise di ricompensare i sacrifici dei soldati sardi con la divisione delle terre non coltivate dell’isola: ogni soldato, tornato a fare il contadino, avrebbe ricevuto il suo campo. Alla conclusione della guerra, la promessa non fu mantenuta, e già nel 1919 si sviluppò in Sardegna un vasto movimento di occupazione delle terre: i contadini, semplicemente, s’installarono sui fondi dei grandi proprietari o dei Comuni e iniziarono a coltivarli. Tra l’autunno del 1920 e la primavera del 1921, i reduci dal fronte crearono un Partito il cui scopo era portare avanti gli interessi dei Sardi, che venivano prima di quelli dell’Italia, lavorando a favore della Sardegna nel parlamento di Roma. Le conseguenze di quanto detto ebbe lungo tutto il Novecento, ed ha ancora oggi, influenza duratura sulla mentalità e sui comportamenti dei sardi”.

Fatta questa esaustiva premessa, Andrea Riccio, Patrizia Cadau, Francesco Federico, Monica Masia, Maria Obinu, Vincenzo Pecoraro, Giuseppe Puddu, Efisio Sanna e Annamaria Uras, concludono l’ordine del giorno impegnando il consiglio comunale a organizzare un incontro tra diversi storici, di differenti scuole di pensiero, per arrivare a una corretta lettura storica della giornata del 4 novembre, durante la quale si celebra la vittoria del Regno d’Italia sull’Impero austro-ungarico nella Prima guerra mondiale (1915-18), con particolare attenzione al significato e alle conseguenze che quegli eventi luttuosi ebbero per la cultura, la politica e la società dei sardi e per la Sardegna.

Per cercare di prevenire o, quantomeno, limitare la diffusione e il consumo di sostanze stupefacenti tra i minori, dopo numerose segnalazioni, gli agenti della Questura di Oristano hanno effettuato dei controlli presso gli istituti scolastici cittadini e hanno scoperto che una delle attività di spaccio si svolgeva proprio nel cortile di uno di questi istituti. Durante la ricreazione, un minorenne è uscito dalla scuola, si è avvicinato a un gruppo di ragazzi ed è stato sorpreso dagli agenti mentre cedeva ad un altro studente minorenne della marijuana. Il giovane spacciatore è stato arrestato e gli sono stati sequestrati alcuni grammi di infiorescenze di marijuana, già suddivisi in dosi, e denaro contante con tutta probabilità frutto della cessione di stupefacenti.

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