Mar 17

Pd in forte crisi di identità. Cucca non si dimette e ora rischia la sfiducia.

“La dimensione della sconfitta della sinistra non ha eguali. M5S e Lega hanno vinto senza avere i numeri per dare vita a un governo, però hanno vinto”. Lo ha detto Gianni Cuperlo, aprendo un convegno organizzato da Sinistra dem, nella sede nazionale del Pd.

“Definirli populisti conforta – ha detto in sintesi Cuperlo -, ma non ci fa capire la portata dell’evento. Il dibattito in corso serve per parlare e ascoltarsi. Dobbiamo riflettere, discutere e capire dove siamo. Il 4 marzo è stata bocciata una classe dirigente. Siamo di fronte alla rivolta della realtà e chi reagisce al voto del 4 marzo montando altri gazebo e mobilitando l’esercito delle primarie forse non ha capito cosa è successo e dove siamo. Non servono nuovi messia – ha sottolineato ancora Cuperlo – ma dobbiamo ricostruire il Pd; bisogna ripensare la sinistra e servirà una identità”.

Da queste poche battute di Cuperlo e quanto accaduto nella direzione regionale del Pd, a Oristano, si intuisce come sia siderale la distanza tra un politico di spessore (e forse per questo tenuto ai margini dal renzismo. ndr), e la mediocre classe dirigente del Pd isolano.

“Come ho sempre fatto in tutta la mia carriera politica resto a disposizione del partito: allo stato attuale non posso non tenere conto delle direttive nazionali che chiedono grande prudenza e di tenere congelate tutte le situazioni, a tutti i livelli, fino all’assemblea nazionale che si dovrà tenere entro l’11 aprile”. Così il segretario del Pd sardo, Giuseppe Luigi Cucca, alla direzione del partito, convocata a Oristano per discutere del catastrofico flop alle politiche (il Pd ha perso il 41,6% dei consensi rispetto al 2013). Cucca, com’era previsto, non si è presentato dimissionario, tenendo anche conto della linea stabilita a livello nazionale dal reggente, Maurizio Martina, che ha imposto il congelamento delle dimissioni già annunciate da alcuni segretari regionali, ma ha rinviato tutto all’assemblea regionale del partito che, dopo Pasqua, deciderà se revocare o meno la fiducia al segretario.

“L’unico modo per ripartire – ha detto Cucca – è fare autocritica con umiltà e provare a ricomporre i pezzi di un partito disgregato. C’è bisogno di un’assunzione di responsabilità, che inevitabilmente deve partire dal segretario regionale, ma non può non coinvolgere tutto il partito e il gruppo dirigente che lo ha governato in questi anni: il calo vertiginoso dal 36,20 per cento del 2008 al 25,15 del 2013, per poi finire col  14,82 di quest’ultima tornata elettorale (il peggior risultato in Italia. ndr), non può certamente essere attribuito ai nove mesi dell’attuale segreteria”.

E qui Cucca ha ragione da vendere, perchè il declino del Pd parte da lontano, e non può essere circoscritto soltanto agli ultimi nove mesi. Un crepuscolo irreversibile, di cui è colpevole tutta la classe dirigente di un partito che, se non richiuderà in un sarcofago le sue “mummie” (ovvero i vari Cabras, Fadda, Soru, Lai e compagnia cantante) interpreti di una politica antidiluviana e sempre più lontana dalla gente, rischia di scomparire definitivamente. Urge, quindi, resettare il partito e ricominciare da zero. Quello che manca al Pd non è, infatti, un segretario-leader, ma le idee, che questa insignificante classe dirigente ha dimostrato, risultati alla mano, di non possedere.

Ritornando alla riunione della direzione e alle mancate dimissioni di Cucca, i rappresentanti dell’area che fa capo a Renato Soru e quelli del gruppo Cabras hanno dichiarato di pensarla diversamente e hanno chiesto a Cucca un passo indietro. I primi lo hanno fatto in modo esplicito, visto che i tre membri della segreteria che fanno riferimento a Soru si erano già dimessi in precedenza. Quanto ai popolari-riformisti (il vicesegretario Pietro Morittu, Aldo Pili e Alberta Grudina), pur invitando il segretario regionale a farsi da parte, non si sono dimessi dalla segreteria del partito, sostenendo che i tempi dettati dal Nazareno sono troppo stretti “…per stare dentro il processo lungo e complesso di riorganizzazione del partito nazionale”, e poi che “…occorre avere il coraggio di scelte anche forti per rimettere in moto il partito”.

“Le mie dimissioni non sono un atto di guerra ma un atto di umiltà – ha detto Giuseppe Frau (area Soru), durante il suo intervento -. Ci aspetta una difficile competizione, le regionali del 2019, dove si rischia di scomparire. Ecco perché mi aspetto un gesto di umiltà anche dal presidente della giunta, Francesco Pigliaru, altrimenti mettiamo la testa sotto la sabbia. Il dibattito, infatti, deve coinvolgere anche la giunta regionale”.

Su questo punto ha insistito anche Davide Carta, consigliere comunale a Cagliari, anche lui soriano: “Non siamo soddisfatti della realizzazione del mandato che abbiamo dato alla giunta Pigliaru; dobbiamo pensare alle future alleanze e al candidato per le prossime regionali e di certo serve discontinuità”.

Prima dei due soriani, dopo la relazione del segretario, era intervenuto il consigliere regionale e candidato sconfitto alla Camera, Franco Sabatini (renziano), tuttora indagato nell’inchiesta per i fondi ai gruppi. “Dobbiamo rilanciare una segreteria autorevole – ha detto Sabatini – ma non ora perché non serve. Subito dopo occorre individuare una coalizione e un candidato presidente per le regionali”.

“Francesco Pigliaru ha dichiarato che non si sarebbe ricandidato alla presidenza della giunta, ebbene io riparto da lì. Qualcuno dice che ci starebbe ripensando, ma credo che non sia riproponibile una sua candidatura”. Lo ha dichiarato il consigliere regionale e presidente della commissione urbanistica, Antonio Solinas (area Cabras), sconfitto in maniera pesantissima nel collegio di Oristano da un emerito sconosciuto, il candidato del M5S, Luciano Cadeddu. “Credo invece che Pigliaru dovrebbe aiutarci a trovare un altro candidato”, ha aggiunto Solinas. Un altro candidato che il Pd, per le prossime regionali, dovrebbe invece trovare al posto di Antonio Solinas in provincia di Oristano, dopo la recente figuraccia. Alle prossime regionali, paraltro, Antonio Solinas non potrebbe essere ricandidato, se è ancora valida la regola dei due mandati, e considerato che Solinas, così come Pigliaru, aveva dichiarato che non avrebbe usufruito di nessuna deroga e che quindi non si sarebbe ricandidato. Almeno che non ci stia ripensando, nel qual caso crediamo non sia proponibile una sua candidatura, visto che nel territorio ha dimostrato di contare come il due di picche. Poi (udite, udite) Solinas da buon presidente della commissione Governo del territorio (a dimostrazione che nel Pd le presidenze delle commissioni, probabilmente, vengono scelte tramite estrazione a sorte anche tra chi non possiede alcuna competenza. ndr) ha ribadito la necessità della discussione della legge urbanistica, come se lui capisse qualcosa della materia.

Con toni soft, forse per non sparare sulla Croce Rossa, sono intervenuti nel dibattito anche Renato Soru, Daniela Porru, Francesco Sanna (che era stato il primo a chiedere le dimissioni di Cucca dopo i risultati del 4 marzo), e Silvio Lai (anche lui indagato nell’inchiesta per i fondi ai gruppi). A prendere la difesa d’ufficio di Cucca, oltre al già citato Sabatini, sono stati i renziani ed ex Ds: Siro Marroccu, Ignazio Angioni, Rosanna Mura e il neodeputato  Gavino Manca (altro indagato). A Oristano non si è parlato dell’auto candidatura alla segreteria regionale della sassarese Dolores Lai, mentre più di una critica è stata riservata alla giunta regionale di Francesco Pigliaru, a cui è stata attribuita una percentuale della sonora sconfitta.

Sintetizzando, si è trattato del solito inconcludente incontro di un partito demodè, testardamente autoreferenziale e in forte crisi d’identità, incapace di fare un’analisi seria sul perchè di una sconfitta, come ha detto Cuperlo “dalla dimensione che non ha eguali”. Insomma per il Pd “mala tempora currunt sed peiora parantur”.

“Tutelare l’ambiente equivale a garantire qualità di vita e occupazione di qualità, le attività realmente sostenibili hanno un elevato indice occupazionale, superiore di decine di volte alle grandi opere inutili o alla filiera dell’energia fossile. Una visione di lungo periodo impone di non affrontare solo emergenze, ma soprattutto di prevenirle. Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico sono necessarie prioritariamente difesa del suolo e secondariamente mitigazione del rischio. Il consumo di suolo costa fra i 630 e i 910 milioni all’anno in perdita di servizi ecosistemici secondo i dati Ispra-Snpa 2017. La pianificazione programmata del territorio è necessaria per tutelare i comuni italiani a rischio dissesto idrogeologico: l’88,3% del totale. Il Ministero dell’ambiente deve ritornare centrale e devono essere istituite cabine di regia regionali; sono necessari fondi certi e una parte di essi deve essere destinata a progettazione. Per la difesa del suolo è necessario defiscalizzare almeno al 65% gli interventi ed escluderli dal patto di stabilità interno. Gli oneri ammontano a 200 milioni di euro all’anno, ma va ricordato che un euro investito in prevenzione ne fa risparmiare 100 in emergenze evitate. Un miliardo di euro investito in interventi contro il dissesto genera almeno 7mila posti di lavoro strutturali secondo la stessa struttura di missione di Palazzo Chigi. L’acqua deve tornare pubblica e deve partire un piano di infrastrutture adeguate per garantire acqua di qualità in tutti i bacini idrografici. Vanno migliorati gli impianti di depurazione, circa metà degli agglomerati nazionali sono in infrazione europea con il rischio di pesanti esborsi. Gli investimenti di questo tipo garantiscono almeno 10mila posti di lavoro per miliardo (dati Onu) e si possono ipotizzare circa 15 miliardi di investimenti da realizzare fra rete idrica e depurazione in 5 anni. Rifare le sole reti idriche costerà circa 40 miliardi in 20 anni, i gestori a vocazione privata e privatistica hanno dimostrato di non aver svolto i lavori per cui sono stati pagati. Vanno riviste le tariffe di concessione idrica per le acque minerali. Per quanto riguarda le bonifiche è necessario partire dai Sin, i siti d’interesse nazionale, con un piano quinquennale da 10 miliardi si avrebbe un ritorno di 5 miliardi fra Iva e imposte varie, si potrebbero generare investimenti privati per altri 20 miliardi (valore aggiunto di 10 miliardi) con circa 200mila occupati (dati Confindustria). Senza contare la riduzione delle esternalità ambientali, che in Italia ammontano a un terzo della spesa sanitaria totale (48 miliardi su 150). Per i rifiuti solidi urbani è necessario spingere sulla prevenzione (riduzione) e l’economia circolare. Deve essere limitata la produzione di imballaggi, devono essere riutilizzati quelli esistenti spingendo sul “vuoto a rendere” e sul costo ambientale, deve essere azzerato il fondo comunicazione ai consorzi monopolisti (15 milioni di euro spesi oggi per far accettare gli imballaggi). Un piano di comunicazione anche nelle scuole in merito al compostaggio e alle normative fatte approvare dal MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura (collegato ambientale 2015) potrà portare alla accettabilità sociale e alla diffusione del compostaggio di comunità (basta una Scia in comune per gestire fino a 130 t di organico), alla prevenzione dei rifiuti organici e alla produzione di prezioso compost di qualità, risparmiando fino a 4 miliardi all’anno. Il passaggio generalizzato in tutti i Comuni d’Italia alla raccolta Porta e Porta introducendo la tariffa puntuale porterà a un risparmio del 22% rispetto alla raccolta stradale. In prospettiva i rifiuti urbani dovranno essere gestiti il più possibile in prossimità (oltre 1 miliardo di euro dei 10 spesi riguarda i trasporti dei rifiuti). Devono essere eliminati gli incentivi al recupero energetico da rifiuti (585 milioni di euro nel 2016). Deve essere incentivato il mercato del recupero di materia: plastiche miste (plasmix e pulper recuperate a freddo), compost ecc. La gestione dei rifiuti deve essere concorrenziale, stop a gestori di oltre mezzo milione di abitanti (rapporto Agcom). In sostanza si può dimezzare la tassa rifiuti per cittadini e imprese (per rifiuti assimilabili agli urbani) in 5 anni e creare almeno 195mila posti di lavoro. Si crea lavoro e finalmente iniziamo a chiudere discariche e inceneritori senza realizzarne di nuovi. Per quanto concerne i massimi indici occupazionali ricordiamo la riqualificazione energetica degli edifici, oltre 18mila posti per miliardo investito (dati Cresme) e la progressiva autonomia da fonti fossili, devono essere resi strutturali gli incentivi e le defiscalizzazioni e deve essere realizzato un piano comunicativo delle realtà virtuose esistenti di distacco dalla rete gas. Il massimo indice occupazionale è quello del restauro (oltre 30mila posti per ogni miliardo di euro investito) e vuol dire coniugare cultura, tutela del patrimonio culturale e società. Le infrastrutture sostenibili, come alcuni raddoppi ferroviari (Tirreno-Brennero per esempio), hanno un elevato indice occupazionale, una singola linea Tav (come quella fra Brescia e Padova di 149 km recentemente sbloccata dalla Corte dei Conti) costerà 10 miliardi, la stessa cifra per raddoppiare, migliorare linee e spostare merci su ferro per circa 1500 km, 10 volte di più, con indice occupazionale 20 volte inferiore (dati Mit). Stop alla politica fossile e sì al futuro!”. (Alberto Zolezzi, vicecapogruppo M5S Camera, www.ilblogdellestelle.it).

Un giovane oristanese di 21 anni è stato denunciato dagli agenti della Squadra Mobile per spaccio di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione nell’abitazione del 21enne, nei pressi di alcune scuole di Oristano, i poliziotti hanno trovato nella sua camera da letto numerosi involucri contenenti della sostanza stupefacente, alcuni bilancini di precisione, 12 pezzi di hashish per circa un etto, e un contenitore con 80 grammi di marijuana essiccata. Il tutto per un valore sul mercato di circa mille euro. Per questo motivo, come detto, il giovane è stato denunciato all’autorità giudiziaria.

12 comments

Vai al modulo dei commenti

    • Franco on 18 marzo 2018 at 9:05
    • Rispondi

    L’analisi di Pig non fa una grinza. Pig ha detto cose che sanno anche gli iscritti al Pd ma che non hanno il coraggio di dire apertamente.

    • Silvio on 18 marzo 2018 at 10:17
    • Rispondi

    L’attaccamento alla poltrona vale più di qualsiasi analisi sulla sconfitta. Adesso tutti cercheranno di riposizionarsi. Vedi Solinas. Sono fuori dal tempo. Patetici.

    • Tonino on 18 marzo 2018 at 11:00
    • Rispondi

    Angelo ha ragione, se non costringeranno alla pensione Cabras, Fadda, Soru, ecc… ecc… il PD non andrà da nessuna parte.

    • Salvatore on 18 marzo 2018 at 11:34
    • Rispondi

    Il Pd non aveva bisogno del voto del 4 marzo per capire che era un partito già morto. I cittadini lo avevano capito da molto, mentre chi non lo aveva capito era la sua classe dirigente che ha portato l’Italia e la Sardegna allo sfacelo. Alle elezioni regionali il Pd verrà spazzato via, così come spariranno i partitini del tipo Pds, Autodeterminatzione e Psd’Az che non hanno capito che il vento è cambiato.

    • drastico on 18 marzo 2018 at 12:02
    • Rispondi

    quoto al 100% quello che ha detto pig su solinas!

    • Grillino forever on 18 marzo 2018 at 14:01
    • Rispondi

    La destra è spaccata, la sinistra non esiste più. Il Pd è in via di estinzione, Leu è nato defunto, Potere al popolo e altri spezzatini, sovranisti e indipendentesti sono fuori dal mondo e non se li c…. nessuno. Non rimane che il Movimento cinque stelle per svoltare e cambiare l’Italia.

    • Ignazio on 18 marzo 2018 at 17:07
    • Rispondi

    Alle ultime elezioni regionali, la commissione elettorale provinciale non diede la deroga all’Onorevole Gianvalerio Sanna, in quanto alla seconda legislatura, la regola dovrebbe applicarsi anche nei confronti dell’Onorevole Solinasa….. si spera con coerenza…..

    • ciok on 18 marzo 2018 at 18:12
    • Rispondi

    dopo la batosta alle politiche, il fiasco della giunta pigliaru e del centrosinistra, se il pd fosse coerente non ricandiderebbe nessuno degli uscenti per manifesta incompetenza.

    • Docente on 18 marzo 2018 at 18:25
    • Rispondi

    Lo scadimento della politica in generale e nel PD in particolare è devuto ai grossi limiti dei suoi interpreti. I padri nobili si sono estinti per logoramento o per congiure di ambiziosi condottieri senza cultura che hanno trascinato il Partito Democratico sempre più in basso. La superficialità nell’analisi della sconfitta da parte dei dinosauri sardi del PD nell’isola lascia intendere che per i Dem sardi non c’è futuro.

    • Ignazio on 18 marzo 2018 at 20:41
    • Rispondi

    Si vocifera che….Silvio Lai sarà il “nuovo” segretario del P.D.I. finalmente un volto nuovo e pulito…….

    • Zacca strada. on 19 marzo 2018 at 11:42
    • Rispondi

    La proposta di un Pd sardo è vecchia come il cucco. Silvio Lai con questa magnifica trovata, dopo che è stato trombato, spera di diventare segretario regionale del Pd, così almeno può proporre la sua candidatura a Presidente della Regione e fare perdere un altro pacco di voti al Pd. Lai per essere eletto segretario può fare valere il bonus di aver preso una bella smurrata alle Politiche e di essere indagato, che nel Pd da sempre punteggio. Il bello è che alla trovata/bufala di Lai sono in tanti a crederci nel Pd – forse perchè non hanno altro a cui aggrapparsi -, e ci credono persino movimenti col paraocchi che hanno fatto della sardità una bandiera, anche se poi si alleano con i partiti italiani. Lo dimostra la comica dichiarazione di oggi sulla stampa di Sedda del Pds. Tocca, sbregungiusu, scidai su sonnu!

    • Pino on 19 marzo 2018 at 17:45
    • Rispondi

    Silvio Lai segretario? Per carità! Ma trovarne qualcuno più giovane e senza macchia no?

Lascia un commento

Your email address will not be published.